Recensione: Any Way The Wind Carries
Dovendo descrivere in due parole il nuovo album dei misconosciuti – eppur talentuosi – svedesi Port Noir, la mia personalissima scelta ricadrebbe su «panta rei» (tutto scorre), il celebre aforisma attribuito ad Eraclito sul quale si basa l’intera filosofia del divenire ideata e portata avanti dal filosofo greco la bellezza di 2500 anni fa.
“Any Way The Wind Carries”, uscito ad un anno di distanza dall’interessantissimo EP “Neon” e a ben tre dall’ancora lievemente acerbo debut album “Puls”, si presenta fin dai primi ascolti come un album costruito attorno ad un fortissimo fil rouge sonoro e atmosferico eppur dotato di un incredibile mutevolezza e dinamicità.
Alla maniera del fiume eracliteo la musica del terzetto di Södertälje scorre senza uscire troppo dai propri argini riuscendo tuttavia a rinnovarsi di istante in istante senza scadere nella ripetitività e nella sterile ripropozione di canoni. Indubbiamente a favore di tale sensazione giocano la particolare voce di Love Andersson – acuta, pulita, melodica e suadente come rare volte capita di sentire – e il ruolo preminente svolto dalle chitarre e soprattutto dalle tastiere sintetiche nel cesellare riff e atmosfere dall’andamento sinuoso e ricorsivo i quali, unitamente ad un’elevata varietà d’influenze (peraltro benissimo dosate), concorrono nel definire un quadro sonoro di grande effetto e di insospettabile efficacia.
Nel sound dei Port Noir il mood del prog rock più pomposo si fonde infatti in maniera imprevedibilmente valida con distorsioni al limiti dello stoner/sludge, ma la trovata di certo più geniale (e caratteristica) risiede nel massiccio incorporo di elementi di matrice new wave e di richiami ai Muse declinati in chiave post metal: un pot pourri in grado di tracciare nuove ulteriori vie per il futuro del prog rock/metal pur attingendo a piene mani da trent’anni di Rock con la R maiuscola.
Come avrete forse già intuito, seppur alcune canzoni finiscano inevitabilmente per spiccare rispetto alle altre (e mi riferisco alla spettacolare title – track, alla saltellante “Earth” nella quale Muse e Rush riecheggiano in contemporanea, alle intense “Vous Et Nous” e “Onyx”, fortissimamente new wave, e alle più rocciose ma altrettanto appassionanti “Exile” e “Come What May”) , “Any Way The Wind Carries” è un album che va ascoltato e assaporato con calma e da cima a fondo. Le prime impressioni finiranno di certo per evidenziare oltremodo la citata somiglianza tra i dodici brani proposti dai Port Noir ma i ripetuti ascolti non potranno che decretarne le grandi qualità sonore e contenutistiche. Promossissimi.
Stefano Burini