Recensione: Aorta
Nati del 2006 a Dallas per poi trasferirsi in Messico, i Majestic Downfall rappresentano, nella loro area di appartenenza ma non solo, una delle più note realtà del doom metal. Non a caso, fra l’altro, la loro più che discreta produzione discografica comprende, oltre a demo e split, sei full-length, di cui l’ultimo è questo: “Aorta”.
Doom moderno, grazie a un’evidente capacità di adattamento ai tempi che cambiano, cui si può aggiungere senza problemi l’aggettivo atmosferico. Un sound quindi pieno, carnoso, ricco di peculiarità atte a trasformare la musica in immagini. Un cambio di astrazione di difficile compimento, in linea generale, ma che Nostri riescono a far propria grazie a un talento innato per… ciò che non si vede.
Doom non solo moderno, ma che strizza l’occhiolino al death metal, quando la cavalcata delle battute sale di livello sino al trotto degli up-tempo (‘Roberta’). Non accade quasi mai, ma in tali occasioni si genera il famigerato non-stile nominato death/doom. Non-stile nel senso che – a parere di chi scrive – o è doom o è death. Nondimeno con le relative contaminazioni, se ce ne sono.
Detto questo, occorre porre l’accento sulla bravura del combo di Querétaro nell’aver saputo creare, disegnare, stampare, il proprio marchio di fabbrica. Certamente non originalissimo ma che accompagna tenendole per mano le quattro lunghe suite che danno la forma ad “Aorta”. Anche questa, operazione per nulla facile, né tantomeno scontata, giacché tenere assieme tutti i dettagli della propria foggia musicale in canzoni così articolate, così estese, è retaggio di chi ha in mente ben chiaro il cammino da seguire. La via maestra, cioè.
Così, il disco scorre liscio come l’olio, senza intoppi, manifestando una continuità compositiva per nulla scontata anzi. Jacobo Córdova, voce e basso, cavalca con il suo roco growling e il cupo rombare del suo strumento, linee vocali apparentemente semplici ma, nondimeno, ideali per aiutare la band a tenere insieme il tutto, senza sfilacciamenti e/o divagazioni fuori tema. Ottimo il lavoro svolto dalle chitarre di Dah e Aly, perfettamente sinergico a quello di Córdova, capaci di proporre un numero enorme di riff senza uscire mai dal seminato. Cioè, dallo stile dell’LP che, in concomitanza della title-track ma non solo, offre notevoli spunti melodici; ideali per inspessire il mood dell’LP stesso e per creare un’ampia veduta sui sentimenti più nascosti dell’animo umano. Non si tratta di funerei tuffi nella più fitta oscurità, bensì di immersioni in un mondo dominato da emozioni forti, tendenti alla mestizia e alla malinconia senza che queste ultime soffochino visioni a volte orrorifiche (p.e. incipt di ‘A Dying Crown’). Chiude il discorso sui singoli musicisti Alfonso, batterista che svolge il proprio compito con la giusta dose di professionalità. Seppur il doom, dal punto di vista genetico, non offra apparentemente materia complessa per i drummer, il ritmo che sostiene il platter propone una certa movimentazione all’interno di battute lisergiche, o meglio, da allucinazione (‘Become Eternal’).
Il lento srotolarsi di note e accordi di “Aorta”, a parte qualche leggera accelerazione dei BPM come più su citato ma ancora più in generale per l’inerzia che ne deriva, è il punto forte dell’opera; giacché svolge da proiettore per focalizzare sull’etere ambienti che sfumano verso il nulla. Il nulla dell’esistenza, cui si scivola giorno dopo giorno accompagnati da un languido sentimento di vaga melanconia.
Onore allora ai Majestic Downfall che, senza essere appariscenti ma mantenendosi coerenti con se stessi, hanno saputo dare la vita a un album ricco di passione, di amore per la vita. Con il suo srotolarsi nel suo percorso tangibile, concreto, per poi trasformarsi, dopo la morte, in atomi le cui particelle sono rappresentate dalle emozioni fondative che danno il la al primo battito di cuore dell’essere umano. La vita e la morte. Assieme.
“Aorta” è materia per gli appassionati, sì, non c’è dubbio. Ma anche per chi volesse cominciare il proprio percorso culturale con il doom metal. In questo, i Majestic Downfall sono davvero bravi.
Daniele “dani66” D’Adamo