Recensione: Apocalypso
Dalle nostre parti quando a un metallaro con un livello di conoscenza decente viene chiesto quale sia la sacra triade dell’Acciaio Italiano, molto probabilmente risponderebbe: Vanadium, Death SS, Strana Officina. Altre band potrebbero anelare a questo ipotetico podio, sia chiaro, dipende poi sempre dai gusti di ognuno, dalle varie esperienze accumulate negli anni e dal grado di affezione per questo o quel gruppo. Classifica opinabilissima, quindi, ma nello stesso tempo credibile perché i tre complessi (derivazione anni ’70 voluta) sopraccitati a loro modo hanno segnato la storia dell’heavy metal della penisola. I Vanadium per aver sdoganato il genere e aver aperto la strada anche ad altri, sui canali mainstream, i Death SS per aver dimostrato al mondo che per via di musica dura cimiteriale e atteggiamento oltraggioso sul palco non eravamo secondi a nessuno (o quasi…) e la Strana Officina per aver attestato che anche con l’idioma nazionale si potevano e si possono confezionare ottime canzoni heavy.
Tutto ‘sto pistolotto per arrivare a stabilire l’equivalente tris in terra di Francia. Beh, da quelle parti è un po’ più semplice, probabilmente: Trust al primo posto, Sortilège al secondo e il terzo gradino che si litigano i vari ADX, Vulcain e H-Bomb, dal momento che i Malediction durarono troppo poco. Manzione speciale anche per Attentat Rock e Satan Jokers.
Orbene, l’occasione di occuparsi dei secondi classificati la fornisce la fresca stampa del loro nuovo album, intitolato Apocalypso, griffato Verycords, che segue il precedente Phoenix, del 2021.
Nati nel 1981 a Parigi dalle ceneri dei precedenti Bloodwave, annoveravano una line-up così composta: Christian “Zouille” Augustin (voce) [qui sua intervista], Stéphane “L’anguille” Dumont e Didier “Dem” Demajean alle due asce, Daniel “Lapin” Lapp (basso) e Jean-Philippe “Bob Snake” Dumont alla batteria. Il salto di qualità in termini di visibilità avvenne nel momento in cui aprirono per i Def Leppard in terra francese. Da lì nacque il contratto con la label olandese Rave-On Records (la stessa dei nostri Astaroth e dei Mercyful Fate) con la quale fecero uscire l’EP omonimo nel 1983 seguito dall’album di debutto Métamorphose, sia in lingua francese che in inglese (intitolato Metamorphosis) l’anno successivo, rispettivamente sotto Devil’s Records (Madrigal) e Steamhammer. E’ di quel periodo la loro partecipazione al Breaking Sound Festival di Le Bourget (agosto 1984) mentre il 1986 segna l’uscita dello storico Larmes de Héros, entrato nell’immaginario collettivo anche per via dell’ iconica copertina, minimalista ma terribilmente ficcante. Anche in questo caso il disco vide la luce in modalità bilingue, Hero’s Tears è la versione in inglese del lavoro. Nonostante i buoni riscontri del disco in francese quello in lingua anglofona si rivelò un flop e contribuì a minare l’equilibrio interno del gruppo che nello stesso anno cessò di esistere.
Seguirono lunghi anni di oblio e la resurrezione, così come per tanti altri, avvenne sulle assi del Keep It True Festival 2019, in Germania. Alla guida della compagine lo storico cantante Christian “Zouille” Augustin che, raccolti al capezzale nuovi musicisti, di fatto riattivò a tutti gli effetti il moniker Sortilège. E’ del 2020 il contratto con Verycords al quale segue l’uscita di Phoenix nel 2021, un disco contenente dodici classici del passato registrati ex novo con l’aggiunta di due inediti. Il ritorno dei Sortilège tira, dal momento che poi la band si esibisce, oltre che in concerti singoli, anche all’interno di rassegne quali l’Heavy Metal Maniacs festival in Olanda, e l’accoppiata Vouziers Festival/Hellfest in terra francese. Le cronache segnalano l’esistenza di un ulteriore gruppo chiamato Sortilège, formato dagli altri grandi ex nel 2020: Didier “Dem” Demajean, Stéphane “L’Anguille” Dumont e Jean Philippe “Bob Snake” Dumont, del quale però non esistono tracce tangibili sino ad ora.
Tornando a oggi, l’attuale formazione, oltre a “Zouille” schiera: Bruno Ramos e Olivier Spitzer alle chitarre, Sébastien Bonnet al basso e Clément Rouxel alla batteria.
E veniamo ad Apocalypso: i Sortilège picchiano duro e puro alla loro maniera e danno il meglio di sé stessi attraverso i solchi di “Poseidon”, “Trahison”, “Walkyrie” vere e proprie gragnuole di metallo fuso, nel solco della tradizione. Risultano molto meno convincenti (eufemismo) nel momento in cui giocano a fare i giovanotti dell’HM fra chitarre ipercompresse, mid tempo di chiara ispirazione altrui e forzata pesantezza. Vedasi alle voci “Attila”, e “La Parade des Centaures”.
Strana “Derrière les portes de Babylone”, canzone che rimanda a Savatage, Deep Purple e Manowar mentre l’epica sgorga lungo “Encore un Jour”. Conclusione sulle note della tronfia title track.
Apocalypso, se mai ve ne fosse stato bisogno, conferma i Sortilège come delle inscalfibili sicurezze nel momento in cui si cimentano all’interno del loro territorio, quello dell’heavy metal in your fuckin’ face. In altri ambiti pagano enormemente dazio. Giusto e legittimo spostare un po’ il tiro, ma il bersaglio deve essere comunque centrato. O quantomeno bisogna avvicinarvisi.
Stefano “Steven Rich” Ricetti