Recensione: Apotheosynthesis
Apotheosynthesis: punto rappresentante l’evoluzione dell’Umanità attraverso l’integrazione tecnologica, dal quale l’Umanità stessa non può più considerarsi umana.
Fractal Generator: mostruoso trio che risponde ai nomi di 040118180514, 102119200914 e 040114090512.
“Apotheosynthesis” :suo debut-album originariamente uscito nel 2015 ma ristampato adesso dalla Everlasting Spew Records.
Mostruoso, perché la sua furia demolitrice oltrepassa la barriera del suono, regalando alle orecchie un sound iper-estremo, andando a lambire la frontiera dell’impossibile. Pochi, coloro che hanno osato spingersi là dove albergano, invece, i Nostri. Due nomi su tutti: Anaal Nathrakh e Myrkskog. Fulgidi esempi di violenza parossistica applicata alla musica. Epigoni dello sfascio completo.
Il death metal dei Fractal Generator è inumano, perfetto per descrivere in note qual è il significato più profondo del termine apotheosynthesis. Nessuna pietà, nessuna concessione, nessun compromesso. Da ‘Cycle’ a ‘Reflections’ la tensione è elevatissima, la ferocia è completa. Proprio la closing-track rappresenta, nell’incipt strumentale e nel successivo svolgimento, almeno per qualche minuto, l’unica concessione a qualcosa che non sia devastazione totale. Istanti cui fuoriesce dal magma sonoro il mood che caratterizza sino al midollo il platter: cibernetico, meccanico, cupo, tetro; à la Terminator, insomma.
Il violentissimo drumming appalesa una devozione totale al tornado che risponde al nome di blast-beats. Cascate di pattern dalla potenza spropositata sferzano l’etere assieme al gigantesco riffing della sei corde, pilotate dal growling rabbioso delle linee vocali. Un insieme folle, scellerato, allucinato.
L’avanzata dei brani è come uno tsunami di onde sonore, eiettate dai Fractal Generator nella loro enorme dimensione a frangersi sulla collottola dei malcapitati ascoltatori.
Chiaro, “Apotheosynthesis” è solo per i più allenati cultori del metallo super-oltranzista. Diversamente, potrebbe risultare… letale, per l’apparato acustico umano.
Difficile immaginare come riesca, il combo di Sudbury (Ontario), a mantenere la propria energia ai massimi livelli possibili lungo tutta la durata del disco. Tuttavia, l’impresa è risolutamente raggiunta. Pezzi come ‘Face of the Apocalypse’, per esempio, si possono descrivere come fiondate sui denti, mazzate sulla schiena, grandinate sulle gengive. Il tono pittoresco delle frasi non deve fuorviare chi legge: i Fractal Generator fanno spaventosamente sul serio, non concedendo mai il fianco a nessuno anzi procedendo con massima determinazione in un attacco frontale dalla rara intensità corroborante.
Sia che si prenda in esame un solo brano, sia che si osservi il CD nella sua totalità, non cambia la granitica pressione sulle membrane timpaniche: a manetta, quanto più forte possibile. Allora, non rimane che sprofondare della trance da hyper-speed, stato mentale indotto senza pecche dal terzetto canadese.
Attenzione, maneggiare con cura!
Daniele “dani66” D’Adamo