Recensione: Arc of Life
Osservi l’artwork, leggi la line-up e già intuisci dove si andrà a parare con la neonata band dal suggestivo moniker Arc Of Life. Uscito il 12 febbraio scorso per Frontiers Music, si presenta così il self-titled della nuova band costituita dagli attuali membri degli Yes, ossia Billy Sherwood, Jon Davison e Jay Schellen, con in aggiunta Jimmy Haun (chitarrista nell’album Union del 1991) e Dave Kerzner (tastierista in precedenza nei Sound Of Contact) a completare la formazione.
Considerando quanto la band sia Yes-oriented nei suoi interpreti, cresce la curiosità di scoprire quali elementi evolutivi questo nuovo progetto sia riuscito a portare rispetto alla storica band inglese, per quanto gli stessi musicisti ne abbiano dichiarato la chiara derivazione. L’ascolto non tradisce le previsioni: laddove anche lo stile musicale prova a discostarsi dal progetto “madre”, ci pensa il timbro di Davison (molto simile a quello dell’omonimo Anderson) a ricordarcene il profumo.
Si parte con “Life Has A Way”, brano che ben rappresenta l’intero lavoro con la sua volontà di proporre un rock progressivo e molto melodico, per quanto siano diverse le altre influenze percepibili lungo l’album. È un pezzo vivace, con un ritornello orecchiabile e con le voci di Davison e Sherwood intrecciate nel costruire un tappeto melodico steso su un arrangiamento piuttosto minimale. “Talking With SIRI” invece è la canzone forse più “disruptive” rispetto ai canoni musicali prog. e certamente una delle più sperimentali, quasi cibernetica nelle sonorità e funk negli arrangiamenti, con il basso di Sherwood assoluto protagonista. Segue il primo singolo dell’album, “You Make It Real”, brano ammiccante nella sua accessibilità, forse un po’ scarico, ma arricchito da linee vocali non banali. Particolarmente riuscito l’assemblaggio sonoro intorno al riff di “Until further Notice“, con evidenti richiami al passato discografico degli Yes, palesi anche nella successiva “The Magic Of It All“.
Fin qui l’album si è dimostrato scorrevole, seppur limitato dal punto di vista della sperimentazione e della creatività messe in campo. Con questa premessa, arriviamo a quello che probabilmente è da ritenersi l’apice del disco, “Just In Sight”, dove il songwriting è ispirato ed epico, le melodie e le sonorità sono senza tempo e condite dall’assolo centrale di Jimmy Haun. Dopo questo brano purtroppo la successiva “I Want To Know You Better” non può che far storcere il naso, risultando eccessivamente convenzionale e “leggera”. Si torna subito per fortuna su composizioni più articolate con “Locked Down“, brano lungo e complesso fatto di diversi momenti musicali, a volte più energici, altre volte più sognanti, ma sempre in una cornice esplorativa piuttosto definita e a fuoco. “Therefore We Are” è forse il pezzo progressive rock che una certa schiera di fan degli Yes attendeva sin dall’inizio del platter. Eccoli accontentati alla grande. In questa fase del lavoro si alternano con grande equilibrio la dinamicità di una sezione ritmica sempre incalzante con una ricerca atmosferica dominata soprattutto dalle linee vocali. Il disco si chiude con “The End Game”, brano che sembra volutamente rendere le atmosfere più crepuscolari, ma al contempo nervose, come a dettare la fine delle danze con un sapore da outro monumentale, ma solo per quanto riguarda questo capitolo discografico.
In conclusione, quello degli Arc Of Life è un esordio poliedrico e convincente, anche se, per alcuni tratti, musicalmente prevedibile. Le prove dei singoli musicisti sono di valore assoluto, sia se si tratta della tecnica sfoderata dai protagonisti (basso e voci in primis), sia quando si considera l’apporto dei singoli all’amalgama complessivo. È un debutto che dimostra chiaramente la quantità di colori che il caleidoscopio di questa nuova formazione è in grado di offrire, per la felicità di tutti coloro che, di fronte ad una copertina con un simile stile grafico, già si emozionano.
