Recensione: Argo
Tra gli amanti del metal, in modo particolare quello più estremo, c’è una diffusa quanto radicata esterofilia in favore dei paesi scandinavi e più specificamente verso il complesso mitologico norreno, ignorando quanto sia ricco – e per cervi versi più strutturato – quello classico. Ed è proprio la via battuta dagli Harkane con il loro secondo album, che, appunto, si chiama Argo, il cui spirito è ben rappresentato dall’artwork realizzato da Paolo Girardi, ovvero una nave greca che viaggia in un mare in burrasca che ne ha spezzato le vele. Ma non si tratta di una nave qualunque. Argo, infatti, è l’imbarcazione di Giasone, l’eroe di origini divine (discendente di Ermes) protagonista di una delle più avvincenti epopee classiche: il disco, è un concept su Le Argonautiche di Apollonio Rodio, un poema epico che racconta la ricerca del vello d’oro, un oggetto magico in grado di curare ogni ferita e malattia, intrapresa 50 eroi radunati proprio da Giasone – per chi non fosse avvezzo alla mitologia, una sorta di Justice League di eroi classici, tra cu Orfeo, Eracle e Teseo, per citarne alcuni. Una scelta importante, impegnativa, che sicuramente rappresenta una sfida per la band veneta.
Il disco è composto da dieci brani per una durata di poco inferiore all’ora, che scorre piacevolmente per via di un suono decisamente convincente, che ricorda molto quello dei Behemoth; una proposta musicale seria ed omogenea dal forte impatto live. Il sound è molto claustrofobico, caratterizzato da tempi tendenzialmente lenti – almeno per gli standard del genere – e non disdegna gli elementi più melodici, avvicinandoli, stilisticamente, ai Septicflesh. Le chitarre sono rocciose e massicce, e si amalgamano perfettamente alla sezione ritmica piuttosto ovattata, compatta e cupa; il growl è profondo, cavernoso, e ricorda molto quello di Nergal, riservando dei passaggi come Medea, Vengeance ed Ending, in cui si possono apprezzare le capacità melodiche della band. Ma è in Treacery il momento in cui gli Harkane mostrano la loro capacità creativa, discostandosi dal sentiero tracciato, osando ed avvicinandosi di più allo spirito del concept di Argo. Sappiamo quanto sia facile esercitare la critica rispetto al proporre la musica, ma da una tematica così delicata e complessa come quella affrontata dalla band, sarebbe stato lecito aspettarsi non un lavoro omogeneo, bensì un insieme di canzoni che fossero un richiamo, tanto a livello di testi quanto a livello musicale e strumentale, dei segmenti dell’epopea di Giasone, che in realtà diventano i veri grandi assenti. In un certo senso, gli Harkane avrebbero potuto ripercorrere la via di quei gruppi scandinavi citati ad inizio recensione, o come fatto, ad esempio, dai Gotland con Rise – dovendo citare un gruppo italiano.
Peccato per l’occasione persa, perché Argo è suonato molto bene ed è, per natura, un lavoro che avrà una grande resa dal vivo, ma manca di un tocco di personalità e di quella sana capacità di saper osare, uscendo da una confort zone che potrebbe assicurare il successo.