Recensione: Arise or Die
I Nexxt nascono a Foggia nel 1994 da un’idea del bassista Michele Speranza. Dopo un demo, quattro ep e vari avvicendamenti nella line-up, trovano maggiore stabilità nel 2003 con una formazione a cinque. Nel 2008 pubblicano il loro primo full length e, a distanza di sette anni, tornano in pista con questo nuovo ep intitolato “Arise or Die”, composto da 4 tracce per un totale di 22 minuti di musica.
La proposta della band è un thrash metal caratterizzato da mid tempo e ritmi cadenzati, che non spinge mai il piede sull’acceleratore ma predilige composizioni più lente e compatte. Ci troviamo quindi più vicini a territori battuti negli anni 90 da gruppi come Pantera e Sepultura, ma senza addentrarsi mai troppo in modernismi di natura groove/alternative. Anzi spesso alla pesantezza dei riff fanno da contraltare aperture melodiche più vicine al metal classico. Non ho citato a caso i Sepultura, in quanto è impossibile non accorgersi della somiglianza del timbro vocale di Cristian Tricarico con quello di Max Cavalera.
Il disco è ben suonato e si sente che, sebbene i pezzi siano molto essenziali e scevri di virtuosismi gratuiti, dal punto di vista tecnico abbiamo a che fare con musicisti con anni di esperienza alle spalle, anche dal punto di vista dell’affiatamento. Il vero difetto purtroppo è che non ci sono brani che spiccano o riff che lasciano il segno. Le 4 tracce scivolano via in maniera abbastanza piatta e innocua, senza momenti particolarmente memorabili. Ed è un vero peccato perché non stiamo parlando di un gruppo inascoltabile, anzi sotto questo punto di vista hanno tutte le carte in regola.
Il discorso vale anche per la produzione. Sebbene l’album sia ben prodotto dal punto di vista qualitativo, penso che per il genere proposto sarebbe stata adatta una produzione un po’ più potente, volta ad irrobustire in particolare le ritmiche. La batteria mi sembra suoni un po’ asciutta laddove personalmente trovo che un effetto “schiacciasassi” avrebbe giovato dal punto di vista dell’impatto sonoro.
Il disco si apre con “Sacrifice in struggle”, pezzo del quale è stato realizzato un video. Solitamente il brano scelto come “singolo” dovrebbe essere quello più immediato, con un ritornello accattivante, ma per quanto ben strutturato e quadrato, finisce per mancare il bersaglio, risultando privo del mordente necessario proprio nel refrain. Il secondo brano, “Rat race” ha un retrogusto epic metal ed un incedere marziale che ben si sposa con le tematiche trattate, ovvero l’atrocità della guerra. “Jonestown” è invece ispirato ad un fatto storico decisamente tragico, che vede protagonista una congregazione religiosa. Il brano è caratterizzato da diverse variazioni ritmiche e melodiche, ma anche in questo caso nulla che rimanga particolarmente impresso nella mente dell’ascoltatore. Lo stesso dicasi per il successivo ed ultimo “Unfair comparison”. Spiace perché si sente che i Nexxt suonano mossi da un forte passione, che si sbattono e hanno voglia di fare.
Concludendo, le potenzialità ci sono e non potrebbe essere altrimenti dopo tanti anni di esperienza, ma per fare il grande salto di qualità manca quel quid a livello compositivo che renda più interessanti i brani dei Nexxt. Soprattutto quando si suona un genere non proprio originalissimo penso che sia importante, per poter emergere in un panorama affollato, riuscire a produrre qualcosa che non sia solo ben suonato e curato nei dettagli, ma che risulti anche incisivo e convincente.
Davide Pontani