Recensione: Arlechino
Dalla Romania, senza contratto e già al secondo album. I Kratos di Bucarest meritano fiducia e considerazione, perché con le sole proprie forze si stanno facendo largo a colpi di ottima musica e altrettanto notevoli capacità. Siamo nell’ambito del gothic metal, per altro imbastito con la coppia vocale formata da una voce femminile angelicata ed un male growler orchesco, ma non fatevi ingannare dalla consuetudine di una formula ampiamente rodata, i Kratos valgono il prezzo del biglietto, pur muovendosi all’interno di un filone che prevede i suoi codici ed i suoi stereotipi.
Trattandosi di un’autoproduzione va innanzitutto sottolineato come il lavoro fatto dalla stessa band in consolle sia egregio, superlativo. “Arlechino” è prodotto assai meglio di molti album iper blasonati con qualche nome di grido (e dal pingue conto corrente) nella stanza dei bottoni. Un suono estremamente potente, cristallino, avvolgente, che dedica il giusto spazio ad ogni singolo strumento ed esalta ogni atomo compositivo del lotto di canzoni che compone la nutrita scaletta. Un artwork che poteva essere migliore graficamente, ma che si rivela interessante nel concetto di fondere la figura carnevalesca che dà il titolo al disco con sembianze vagamente cthulhoidi della creatura ritratta, perfettamente in linea con le atmosfere gotiche e notturne del sound.
Quindi la cosa più importante, la musica. Dovendo sommariamente trovare un primo termine di paragone, per far addentrare l’ascoltatore neofita nell’universo Kratos, verrebbe da chiamare in causa certi Atrocity, naturalmente in chiave meno death-thrash oriented, bensì nell’ottica di lavori come “Atlantis” o anche dei momenti più “transilvani” di “Blut“, ad esempio. Il guitar working della band romena è pregevolissimo, rifugge da un tipico elemento degli album gothic metal, quella patina un po’ laccata e dolciastra che mira a non graffiar troppo l’ascoltatore. I Kratos ci danno dentro, senza raggiungere picchi di aggressività che non apparterrebbero al mondo dei pizzi, delle ragnatele e delle nere trasparenze velate a cui si sentono evidentemente legati, ma comunque sia lavorano sodo sull’energia e la veemenza del proprio messaggio. Particolarmente apprezzabile il lavoro certosino di limatura ed abbellimento di ogni singolo passaggio. I Kratos hanno idee, si mettono in evidenza per l’eleganza e l’incisività del proprio songwriting, operano di cesello e dispensano di momenti brillanti, passaggi arguti ed episodi di sicura presa i minuti nei quali ci accompagnano per mano nelle tenebre del loro fascinoso e misterioso mondo mascherato.
Che sia un controtempo, un riff, una cucitura di batteria o un gorgheggio vocale, c’è sempre un motivo per stare attenti e focalizzati, al netto di svenevoli malinconie e languidi struggimenti che non sembrano appartenere ai Kratos, piuttosto accorti semmai a mantenere sempre vibrante l’asticella dell’adrenalina. Non sono una band banale, nonostante il genere ed i suoi stilemi siano assai inflazionati. “Arlechino” è un album decisamente valido che si segue con interesse dal primo all’ultimo minuto e che lascia la voglia di essere riascoltato quanto prima.
Marco Tripodi