Recensione: Arminius: Furor Teutonicus
Comincio col dire che sono contento di aver dato al nuovo album dei Rebellion diversi ascolti prima di giudicarlo, altrimenti il voto sarebbe stato sicuramente più severo. Il fatto è che nutrivo molte aspettative per questo Furor Teutonicus, il cui titolo già mi aveva ispirato ai tempi dell’annuncio. Un concept sulle tribù germaniche alle prese con la resistenza ai romani tra le altre cose mi sembrava una buona idea, ai tempi. Purtroppo sin dal primo giro nel lettore mi sono accorto che qualcosa non andava. I riff rocciosi che avevano caratterizzato lo stile del gruppo nei lavori precedenti – e soprattutto nella loro trilogia riguardante la storia dei vichingi – sono quasi spariti, lasciando un suono più leggero e meno incisivo.
Ho scoperto il motivo di questo spiacevole cambiamento andando a vedere i musicisti coinvolti nel progetto: Uwe Lulis – una delle costole dei Grave Digger da cui sono partiti i Rebellion – ha lasciato la band. Unici sopravvissuti rimangono l’altro ex compagno di team Tomi Göttlich e il singer Michael Seifert. Ho capito subito che il modo migliore per dare una chance a questo disco c’era bisogno di un approccio il più aperto possibile.
La debolezza delle prime tracce mi ha subito maldisposto, lo devo ammettere. Rest in Peace è una opener troppo soft rispetto alle mazzate cui il combo germanico ci ha abituato. Forse vorrebbe risultare epica nelle intenzioni, io l’ho trovata soltanto piatta, anche per il cantato non proprio grintoso di Seifert. Il riff portante di Ala Germanica credo lo possiate trovare in ogni singolo album dei Grave Digger: la canzone migliora un po’ nel ritornello, in ogni caso non abbiamo niente di nuovo sotto al sole. Soffre dello stesso problema di anonimia la seguente Prince Of The Cheruscer.
Dusk Awaiting Dawn riporta la situazione su binari più accettabili, anche se lontani dai migliori risultati della band. Bisogna aspettare Breeding Hate per trovare un guizzo di energia all’interno del platter. Riff granitico e Seifert che finalmente sembra aver ritrovato la voglia di esprimersi come solo lui (e un certo Matthew Barlow) sa fare. Anche la seguente The Seeress Tower si rivela dopo qualche ascolto un gran pezzo evocativo e battagliero, davvero ben riuscito. Che siano riusciti a ritrovare il giusto ritmo dopo una falsa partenza? Non proprio.
Varus è una track piacevole, un po’ poco, considerando il livello medio di quanto sentito fino a questo momento. The Tribes United forse vorrebbe essere la nuova Rebellion, ma non si avvicina neanche lontanamente al classico dei ‘Digger. Ghost Of Freedom soffre degli stessi difetti esposti nelle canzoni precedenti. È il turno della title track, per fortuna un’altra piccola perla in questo capitolo incerto nella carriera della band. Vae Victis si mantiene su livelli accettabili, mentre la conclusiva Requiem ci mostra il lato più melodico e nostalgico dei nostri. Notevole l’interpretazione vocale in quest’ultima canzone.
Quello che abbiamo tra le mani segna di sicuro un passo indietro rispetto alle loro ultime fatiche, ma qualcosa di buono c’è. Tutto sta a vedere se i Rebellion sapranno svilupparlo al meglio in futuro o se questo rappresenta l’inizio del declino. Se già li conoscete, potete provare ad accostarvi anche a questo nuovo disco, se invece siete alla vostra prima esperienza con il combo tedesco vi consiglio di guardare al catalogo passato.
Mauro Saracino
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Tracklist:
1. Rest in Peace
2. Ala Germanica
3. Prince of the Cheruscer
4. Dusk Awaiting Dawn
5. Breeding Hate
6. The Seeress Tower
7. Varus
8. The Tribes United
9. Ghost of Freedom
10. Furor Teutonicus
11. Vae Victis
12. Requiem
Formazione:
Michael Seifert – voce
Matthias Karle – batteria
Oliver Geibig – chitarra
Stephan Karut – chitarra
Tomi Göttlich – basso
durata 60 min circa