Recensione: Arson
Chitarre veloci e voce melodica, questi sono, essenzialmente, i Fatal Fire, quintetto proveniente dalla Germania che vuole farsi conoscere con ‘Arson’, suo primo Full-Length disponibile dal 28 marzo 2024 via MDD Records.
Influenzati da band classiche, come Iron Maiden, Helloween, Avantasia ed Hammerfall, i Fatal Fire suonano un Power Speed crudo ed essenziale, tirato a più non posso ed espresso senza fronzoli, incentrando il loro lavoro su ritmiche serrate ed abrasive, tonnellate di Twin Guitars e scambi di assoli a chi ne ha più ne metta e giocando parecchio sul contrasto tra la marcata ruvidezza delle chitarre e la teatralità della voce della frontwoman Svenja Rohmann.
Questa esce un po’ dai canoni tipici del vocalist Power, quello che ti entra nelle orecchie a tutto volume e ti costringe a cambiare la cristalleria di casa ogni volta che lo ascolti: il timbro è melodicamente “caldo”, a tratti sensuale, con la voce che è tanto epica quando s’infiamma quanto aggressiva quando s’infuria. Soprattutto Svenja non esce mai dalle righe e non vuole perdere il controllo delle emozioni scaturite dalle storie che racconta, anche quando la musica diventa un turbine intorno a lei.
Il lato più interessante di ‘Arson’ è la sua genuinità: quello che si sente sono loro, il gruppo … la band, o come vogliamo chiamare i Fatal Fire … cinque musicisti che suonano assieme True Metal e basta, che si mettono in gioco senza ricorrere a stratagemmi, utilizzando poche stratificazioni e nessuna orchestrazione sinfonica od altre pomposità del genere per colpire o per nascondere debolezze. Questo album ha un piacevole gusto “live”.
Dal punto di vista del songwriting, invece, c’è un po’ troppa omogeneità: su otto pezzi solo ‘Crossroads’ e la conclusiva ‘Ardent Wave’ si distaccano per mezzo di un ritmo diverso, meno spedito e più cadenzato, mentre gli altri tendono essenzialmente a raggiungere la velocità della luce per uscire dall’orbita terrestre. Non è che proprio non ci siano variazioni, si citano, ad esempio, la vampata Thrash di ‘Ashes remain’, la lunga parte solista di ‘Meteorites’ e la cavalcata “maideniana” di ‘Sea of Damnation’, ma non sono sufficienti per creare una vera diversificazione ed ogni tanto il senso dello scontato purtroppo s’insinua.
Anche il singolo, ‘Kingslayer’, pur avendo un taglio più orecchiabile (per forza, direte voi, altrimenti che singolo è …) non crea quell’esplosione che, ad un certo punto, ci si aspetta da un album fondamentalmente guerrafondaio ed epico, rimanendo abbastanza in linea con il resto del lavoro.
Detto questo, l’ascolto di ‘Arson’ è comunque piacevole, le andature epiche infiammano, l’energia che emana coinvolge e nei solchi c’è parecchia intensità emotiva, trasmessa anche attraverso una tecnica incisiva quanto fine. Come debutto è un “signor debutto”, e, per il prossimo lavoro, basta qualche aggiustamento più che altro a livello di scrittura per limare le varie sbavature qui riscontrate.
‘Arson’ è stato registrato e prodotto presso i Bazement Studio di Strinz-Trinitatis da Markus Teske (Vandenplas, Kambrium, Mob Rules tra i tanti).