Recensione: Arte Novecento
Ci siamo… Mia prima recensione… e secondo album del combo romano. Il più “soft”, senza ombra di dubbio, ma probabilmente il lavoro più complesso della band italiana. Sin dal primo ascolto spiccano alcune novità quali i suoni delle chitarre, molto meno heavy e decisamente lontanissime dall’approccio doom-death dell’esordio, e soprattutto la voce di Carmelo Orlndo, che abbandona completamente (e solo in questa occasione) il growling in favore del solo cantato “pulito”. Nonostante questo cambiamento anche piuttosto spiazzante (non si può non sottolinearlo), Arte Novecento è un’opera (d’Arte appunto) di rara bellezza, che mantiene e addirittura amplifica l’impronta emozionale che la band nostrana è stata in grado di solcare con l’ottimo Wish I Could Dream It Again. Indiscrezioni vogliono che, durante un concerto tenutosi in seguito all’uscita del primo album, Carmelo si fosse “squarciato la gola” (usando le sue stesse parole) , dichiarando di aver addirittura avuto paura nel continuare ad utilizzare il cantato gutturale; inoltre va sottolineato che nelle intenzioni della band ci fosse comunque la volontà di sperimentare nuove sonorità. Dopo le defezioni di Antonio Poletti e Thomas Negrini (rispettivamente secondo chitarrista e tastierista sul cd d’esordio) si rafforzano le posizioni dei “superstiti”,a partire ovviamente dai due leader e fondatori della band, i fratelli Orlando: Carmelo (voce e chitarra) , e Giuseppe (batteria) . Ed è proprio quest’ultimo che fornisce una prova sensazionale! Infatti il sound è incentrato sulla batteria, vera spina dorsale su cui si inseriscono le chitarre che come detto in precedenza sono più leggere, dal suono cristallino e molto più vicino al rock che ad una distorsione più prettamente metal. Da segnalare l’ingresso nel gruppo del giovanissimo Massimiliano Pagliuso (all’epoca neanche ventenne) ,che però non è ancora determinante, come lo sarà in futuro già a partire dal terzo album Classica. Interessante anche la performance di Fabio Vignati al basso , che garantisce un buon equilibrio: le linee di basso sono molto di più in primo piano rispetto al precedente lavoro . Il filo conduttore del cd a livello lirico si può dire che sia uno solo: l’amore perduto, visto nella sua tragicità e sofferenza; probabilmente qualcosa che ha toccato in quel periodo Carmelo in prima persona: gridi dell’anima dolente per quanto è stato (Remorse, Worn Carillon e Will), intensi, in grado di rievocare ricordi in chiave onirica, poetica (Nursery Rhyme e Homecoming). L’ atmosfera che ci viene presentata è quella di una foto antica, sbiadita, con l’acqua elemento onnipresente: scorre atta ad eliminare le ferite di ricordi dolorosi (A memory), o cade sotto forma di pioggia , pesante e intrisa di tristezza e malinconia ,…”A weeping rainy day”…, ma anche purificatrice; infatti il cd si apre con un intenso ed evocativo temporale (Pioggia… January Tunes). Da segnalare la scelta di inserire una cover dei Depeche Mode (Stripped), forse il brano meno azzeccato del cd, e il breve strumentale Photograph, che spezza l’album e prepara per le due splendide song conclusive (in particolar modo il capolavoro Carnival): la vita vista come un grigio carnevale… e la pioggia, di nuovo, fonte di salvezza in questa oscura dimensione dove è vietato sognare! Concludo con una nota sulla mia valutazione numerica: il voto è stato in piccola parte influenzato da una produzione che non mi è parsa sempre all’altezza (cavallo di battaglia invece nelle fatiche future), a tratti in grado di evidenziare la non ancora piena maturità artistica dei Novembre… che comunque non tarderà ad emergere con il loro prossimo lavoro, nonchè loro capolavoro Classica, fino all’ottimo Novembrine Waltz. Tracklist:
1. Pioggia… January Tunes
2. Homecoming
3. Remorse
4. Stripped
5. Worn Carilllon
6. A Memory
7. Nursery Rhyme
8. Photograph
9. Will
10. Carnival