Recensione: Artifact Of Annihilation
Continua inarrestabile l’avventura dei milanesi Mechanical God Creation, capitanati da una sempre più agguerrita Lucy nel mostrare al Mondo che anche nel metal estremo anzi ‘estremissimo’ la parità fra i sessi, pardon le ugole, è ormai un fatto assodato. E questo malgrado che da “Cell XIII”, debut-album del 2010, la line-up abbia subito degli stravolgimenti pressoché totali. Dopo l’abbandono di Jay (batteria), Runza (chitarra) e Simo (chitarra), con l’innesto di Ale (chitarra), Manuel (batteria) e Davide (chitarra) la formazione lombarda ha infatti registrato il nuovo disco, “Artifact Of Annihilation”, sennonché gli stessi Manuel e Davide hanno quindi lasciato la squadra per far posto rispettivamente a Michy e Salva.
È chiaro che il cambiamento in toto delle due chitarre è fatto assai rilevante, nell’economia di una band metal a cinque componenti; tale da portare, in casi estremi, allo snaturamento della filosofia artistica cui la band stessa ha fondato il proprio stile. Questo, nel caso dei Mechanical God Creation, si può affermare che non sia accaduto. Anzi. La tremenda matrice deathcore sulla quale viene plasmato il loro sound non solo ha mantenuto l’anima primigenia ma ha acquisito ulteriori elementi di evoluzione tecnico/artistica da quel lavoro, già ben formato e maturo, che era “Cell XIII”. Non a caso si potrebbe integrare il termine ‘deathcore’ con ‘technical’ senza dar luogo a un’eresia: i Mechanical God Creation rappresentano, al momento, una delle forme più avanzate del death. Di questo, l’ensemble meneghino ne mantiene ben saldi gli stilemi fondamentali senza sbilanciarsi verso altre soluzioni meno ortodosse, pur tuttavia elaborandoli in maniera non-lineare per giungere così a una proposta moderna se non addirittura in anticipo sui tempi, pregna così com’è di tanti richiami alle geometrie meccaniche extra-umane tipiche del cyber (death metal). Con la decisa volontà, anche questa non così frequente, di lasciare fuori dalla porta quegli abbellimenti melodici che, spesso e volentieri – si vedano per esempio i Fear Factory, i Neaera o gli Atlantis Chronicles – hanno la funzione di rendere un po’ meno ostica l’assimilazione delle tracce.
Nel caso di “Artifact Of Annihilation”, pertanto, così non è: da “Pyramidion” a “Obisidian Nightfall” scorrono quarantatré minuti di assoluta furia demolitrice; perfettamente incanalata sui binari di una ineccepibile intelligibilità grazie alla predetta abilità tecnico/esecutiva di Ale e compagni. Nonostante la pressione sonora sia costantemente elevata e non venga mai mollata la presa per nemmeno dieci secondi, il sound dei Mechanical God Creation può essere facilmente decomposto per essere analizzato nelle sue più piccole componenti. Sintomo di una maturità a tutto tondo capace di porre il gruppo italiano alla pari delle migliori realtà odierne che calcano la scena internazionale.
Una maturità che ha interessato, anche, la voce di Lucy; priva di ogni benché minima indecisione, tremendamente aggressiva e corrosiva ma sempre controllata e costante nella sua prestazione. Sia quando si tratta di lacerare i timpani con lo scream sia in occasione nelle discese foniche del growling. Il suono secco, arcigno e metallico (la derivazione *-core…) prodotto dall’insieme della strumentazione elettrica e dal drumming automatico di Manuel, poi, si lega assai bene alle sue linee vocali sì da dar luogo a uno stile facilmente riconoscibile a onta dell’obiettiva pesantezza di una musica densissima di note, di complicati passaggi, di sfiancanti disarmonie. Fattori, questi ultimi, che non impediscono all’ascoltatore, a poco a poco, di prendere confidenza con il songwriting grazie alla sua attitudine a essere assimilato senza particolari problemi; frutto di un’evidente chiarezza compositiva tale da rendere memorizzabile un’iniziativa altrimenti indigesta. A proposito di canzoni, si possono citare la title-track, “Lullaby For The Modern Age” e “Ocean Of Time” come esempi del ‘Mechanical God Creation-sound’. Ma è nel suo complesso che, a parere di chi scrive, il lavoro va osservato, studiato, gustato.
Solo così, difatti, si può entrare nell’affascinante, visionario Mondo disegnato a tinte scure dalla forte matita dei Mechanical God Creation. “Artifact Of Annihilation”, oltre a possedere questo carattere deciso, è un’opera che racchiude in sé sia il passato, sia il presente e, nondimeno, un pezzo di futuro del death metal. Avanti così!
Daniele “dani66” D’Adamo
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