Recensione: Ascending To Infinity
Agosto 2011: ristabilita la loro posizione all’interno della scena metal dopo i tre anni della “cattività manowariana” con due ottimi dischi e un EP pubblicati a brevissima distanza l’uno dall’altro e raggiunto il loro apice artistico, i Rhapsody of Fire sconvolgono i fan con un inatteso split che vede contrapposti, con il brand originale, il cantante Fabio Lione e il tastierista Alex Staropoli e sotto il monicker di Luca Turilli’s Rhapsody l’istrionico chitarrista triestino.
A meno di un anno di distanza, i Rhapsody di Turilli tornano a calcare le scene, forti di un cantante dotatissimo e finora rimasto un poco in ombra nella nutritissima e folta scena metal italiana e internazionale: mi riferisco ad Alessandro Conti, mostro a due teste che da una bocca canta come il Kiske che lanciò gli Helloween sul finire degli anni ’80 e dall’altra sfoggia non comuni doti di tenore.
Per rassicurare chi avesse avuto dubbi sulla direzione che Turilli avrebbe intrapreso e sulla qualità della sua nuova proposta, diciamolo pure in anticipo: Ascending to Infinity esce sotto un nuovo monicker, ma si colloca sulla stessa scia di From Chaos to Eternity e The Frozen Tears of Angels e non fa che confermare quanto già era stato detto con i due precedenti dischi. Ci sono delle differenze, certo, c’è un’accentuazione dell’elemento sinfonico su quello chitarristico, ma prepondera su queste novità, tutto sommato lievi, una rassicurante sensazione di continuità con i lavori degli ultimi Rhapsody of Fire – e non poteva essere altrimenti, visto che in Turilli risiedeva una discreta percentuale dell’elemento compositivo nella vecchia formazione. Si badi, non si tratta di fredda maniera, la qualità non manca. I brani spaziano su vari livelli di complessità. Dark Fate of Atlantis, il singolo che ha preceduto l’uscita di Ascending to Infinity, non è che il brano più semplice e assimilabile, un power metal basato sugli schemi più classici e, come spesso capita con i singoli, pur nella sua orecchiabilità e nella sua discreta fattura non è certo l’apice qualitativo del disco. Clash of the Titans, che a buon diritto può essere considerato un brano sulla stessa linea d’onda, si regge su un ritornello arioso che esplode improvvisamente dopo strofe pacate e che ricorda gli episodi più brillanti di Power of the Dragonflames. Un plauso e una citazione sono necessari per l’efficace lavoro orchestrale che esalta Dante’s Inferno, se non altro perché è il brano dove il nuovo ruolo che Turilli svolge dietro alle tastiere si rivela più efficace. I sedici minuti della conclusiva Of Michael the Archangel and Lucifer’s Fall non stupiranno gli aficionados ne tanto meno li scoraggeranno. Come la maggior parte delle suite in ambito heavy o power, a partire dall’antichissima The Rime of the Ancient Mariner dei Maiden di Powerslave per arrivare alla Rhapsodyana Gargoyles, Angels of Darkness, Of Michael suona inevitabilmente come un collage di brani diversi in un’unica traccia – e Turilli non lo nasconde, dividendola appropriatamente in più movimenti. Nondimeno, le diverse parti riescono a mantenere una certa coerenza e il brano scorre, impreziosito dai gorgheggi di vari soprano e dagli sfoggi tenorili di Conti. Immancabile la ballad o il brano che più somiglia a una ballad, Tormento e Passione, un orecchiabile duetto tra il solito Conti e l’ottima Bridget Fogle. Certo, a tratti il brano suona un pò eccessivo e apparentemente fuori luogo nel contesto – metallico – dei Rhapsody, avvicinandosi più ad atmosfere da musical, con punte a tratti forse un pò pacchiane: ma si sa, fa parte del gioco.
Tra brani semplici e complessi, quello che forse può essere considerato l’apice del disco è infine Excalibur: durata media, sugli otto minuti, introduzione acustica dal sapore rinascimentale, elemento orchestrale ben dosato con le fasi chitarristiche, un chorus ancora una volta efficacissimo, basato su un momento musicale di Schubert, ri-arrangiato dal pianoforte per tastiere, chitarre, cori – insomma per tutto l’apparato Rhapsodiano. E poi, al suo interno, variazioni e intermezzi per un brano che sicuramente rimarrà nella discografia di Turilli.
Non ci si sbagli, Excalibur non è che la punta della lancia. Ascending to Infinity trova la sua forza nel suo complesso.
Luna, cover di un brano di Alessandro Safina, tenore italiano, è forse davvero troppo poppeggiante e lontana dalle sonorità del resto del disco: è in pratica un filler, utile, nell’economia del disco, solo a sfoggiare le qualità di Conti. Ma è davvero l’unico. Il disco rimane solido, così come le promesse per il futuro della nuova formazione di Turilli.
Per fare un accostamento che chiarifichi e ricapitoli la posizione di quest’ultima fatica del triestino all’interno dell’ormai ingarbugliata discografia dei Rhapsody e dei loro membri, Ascending to Infinity sta agli ultimi Rhapsody of Fire come King of the Nordic Twilight, debut del 1999 del Turilli solista, stava al debut dei Rhapsody, Legendary Tales. Ovviamente, il giudizio di chi scrive deve essere filtrato dall’ascoltatore casuale. I Rhapsody non sono mai stati un gruppo per tutti e hanno sempre diviso il pubblico e la critica: sin da Legendary Tales in molti hanno mal sopportato la larga componente orchestrale che ha caratterizzato, senza esclusioni, ogni disco della band e delle sue derivazioni. Una componente che un orecchio abituato al Power dell’ultimo decennio potrebbe addirittura non trovare troppo invadente rispetto ad altre produzioni nei primi dischi dei Rhapsody, non potrà che risultare ancora più odiosa e risibile a chi non ha apprezzato i vecchi Rhapsody. I detrattori stiano quindi alla larga, Ascending to Infinity non li incentiverà a seguire il nuovo corso di Turilli. Tutti gli altri gioiscano e si rassicurano, almeno uno dei due tronconi in cui i vecchi Rhapsody of Fire si sono divisi è sano, robusto e vigoroso.
Federico “fritz” Vicari
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Tracklist:
1. “Quantum X”
2. “Ascending to Infinity”
3. “Dante’s Inferno”
4. “Excalibur”
5. “Tormento e Passione”
6. “Dark Fate of Atlantis”
7. “Luna” (Alessandro Safina cover)
8. “Clash of the Titans”
9. “Of Michael the Archangel and Lucifer’s Fall” (I. “Alma Mundi” / II. “Fatum Mortali” / III. “Ignis Divinus”)