Recensione: Ashes Coalesce

Di Daniele D'Adamo - 3 Luglio 2020 - 0:01
Ashes Coalesce
Band: Convocation
Genere: Doom 
Anno: 2020
Nazione:
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79

Doom, death, entrambi melodici, tristi, malinconici. Finlandia, Convocation. Band nata nel 2013 che coniuga i due generi suddetti per dar vita a un progetto che rafforza la presenza del primo a discapito del secondo.

Melodic doom, allora? Sì. Un binomio che teoricamente dovrebbe stridere, poiché questa foggia musicale, quand’è nata nella sua completezza, a inizio/metà degli anni ottanta, di morbido e di vellutato aveva ben poco. Come ben pochi erano riff e accordi, assimilati in un sound piuttosto scarno che sondava le parti più oscure dell’animo umano. Tuttavia il tempo passa e tutto si evolve, e così anche il doom, che ha via via generato più di un sottogenere (epic, funeral, gothic doom) fra cui, appunto, quello che non si fa ripetere due volte di inserire nelle sue trame una certa dose di dolce armoniosità. Il melodic doom, per l’appunto.

Tutto ciò non deve sorprendere, poiché la Terra dei Mille Laghi partorisce quasi esclusivamente act che fanno dell’introspezione spinta il proprio levito fecondante. Una nostalgia insita nel DNA del popolo nordico, che permea gente formidabile come Insomnium, Omnium Gatherum, Dead End Finland, giusto per buttar giù tre esempi.

“Ashes Coalesce” è il secondo full-length dei Nostri, partorito due anni dopo il debut-album, “Scars Across”. Come d’abitudine, i musicisti che vivono nei pressi circolo polare artico paiono avere una marcia in più, rispetto al resto del Mondo. Sia dal punto di vista tecnico, sia da quello artistico. Tant’è che “Ashes Coalesce” si mostra sin da subito (‘Martyrise’) in tutta la sua consistenza, in tutta la sua magnificenza. Suddiviso in soli quattro capitoli, esso rende vive emozioni quali il dolore, la rabbia, la paura e l’angoscia per l’ignoto, che si percepiscono in modo chiaro, preciso, rabbrividente. MN, il cantante, produce un growling baritonale, buio, tale da rendere viva l’idea di trovarsi in un abisso senza fine, in cui scivolano, s’intersecano, si uniscono tutti i sentimenti più su menzionati. Il ritmo impartito da LL, che ha la responsabilità di tutti gli strumenti, è piuttosto sostenuto, il che riporta il tutto al concetto iniziale, in cui non si può non menzionare il death metal.

‘The Absence of Grief’ è il secondo capitolo dell’Opera. Una capitolo, appunto. Pur non dimenticando lo stile improntato dalla musica del duo di Helsinki, esso mostra una lenta caduta nei meandri dell’allucinazione. Il precipizio si apre improvvisamente sotto ai piedi ed è il momento di lasciarsi andare. Si scivola, si scivola, si scivola, mentre lacrime di sofferenza solcano il viso, ramificate come le aste di un bacino idrografico. L’urlo straziante di MN imprime ulteriore spinta a un sound di per sé già sconvolgente. Fanno capolino le tastiere, dal tono vintage, quasi fossero tenui purtuttavia fedeli compagne nella discesa verso il nulla. Entra quindi in gioco la melodia, non convenzionale. Lontana, cioè, dal voler essere accattivante, quanto identificatesi, piuttosto, come un nero sudario che avvolge e stringe le membra sino a divenire un tutt’uno con le stesse. Le chitarre danno alito a un riffing duro, spesso, granitico, che spezza le reni. Il cupo rombare del basso colma le lacune sonore, dando così il via alla costruzione di un muro di suono enorme, le cui dimensioni si perdono alla vista. Dietro al muro, il disfacimento, la fine di tutto, l’ambito luogo dove tutto ha una fine. La melanconia stringe il cuore, lo strizza da tutta l’infelicità di questa vita, mentre cori dalle mille voci riempiono, saturandolo, il cosmo. L’orrore di vivere, la consapevolezza di decenni di terreno tormento.

Le poderose ‘Misery Form’, sfregiata da auliche voci femminili e agghiaccianti orchestrazioni, e ‘Portal Closed’, dal sapore retrò, rendono l’LP ancora più pesante, sì da schiacciare la gabbia toracica per una sensazione di asfissia vera, concreta. Figlia di una visionarietà assoluta, di un modus communicandi pressoché perfetto.

Tutto ciò che alberga nelle menti di MN e LL si trova difatti lì, fra le pieghe di song monumentali. C’è solo da raccoglierlo e farlo proprio, per entrare in quello stato di letargia in cui s’intrappola definitivamente il doom tutto.

Convocation, Finlandia.

Daniele “dani66” D’Adamo

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