Recensione: Ashes of a Fallen Kingdom
Ok, basta così, non se ne può davvero più! Il proliferare incontrollato di band dedite al più scialbo e innocuo metalcore sta diventando un fenomeno davvero preoccupante. Vadano le poche, anzi pochissime, formazioni che hanno ancora qualcosa da dire, ma qui si sta raschiando il fondo.
Perdonate questo sfogo poco professionale, ma la sensazione di frustrazione provata davanti ad “Ashes of a Fallen Kingdom”, primo -e speriamo ultimo- disco degli inglesi Confined Within, è stata davvero tanta. Credo di non aver mai trovato un disco tanto povero di idee in oltre dieci anni dedicati all’ascolto di musica metal. Qui siamo al cospetto di un album che non ha l’ombra di mezza idea e che maschera la sua sconcertante pochezza compositiva con una produzione pulitissima e bombastica (curata, per altro, dalla Rising Records).
Il quartetto albionico segue pedantemente quanto già ampiamente proposto da milioni di altri gruppi, senza mostrare la minima personalità negli arrangiamenti, risultando pertanto noioso e superfluo come non mai.
Mi trovo davvero in difficoltà a dover valutare un prodotto di tale bassa caratura, perché ogni parola sarebbe oltremodo superflua e quasi priva di significato. I passaggi ben riusciti si riducono ai 48 secondi di “Intro” e alla strumentale “Lullaby”, dotata di un arpeggio di chitarra acustica semplice ma almeno gradevole.
Il resto della tracklist -che cita di continuo i vari Killswitch Engage et similia- è tanto innocuo quanto fastidioso e monotono. Stare qui a citarvi ogni singola canzone sarebbe l’azione più crudele e tediosa che potrei mai rivolgervi, pertanto vi risparmierò l’agonia del track-by-track.
Cosa si salva in tutto ciò? Beh, a parte la già citata produzione, bisogna ammettere che almeno la band sa imbracciare gli strumenti e suonarli con una discreta perizia tecnica, ma ciò non basta a giustificare l’ascolto, né tanto meno l’acquisto del prodotto.
Probabilmente potrete trovare questa recensione poco seria, ma datemi retta, tenetevi alla larga da questo lavoro, non solo conserverete i vostri preziosi soldi, ma non sprecherete neanche il vostro tempo libero.
Purtroppo per come stanno le cose ora, i Confined Within si dimostrano fin troppo fragili e derivativi. Bisognerà lavorare moltissimo per poter raggiungere anche solo una sufficienza piena, che pertanto, almeno per ora, rimane un lontano, lontanissimo miraggio.
Emanuele Calderone
Tracklist:
01- Intro
02- We the Kings
03- Forgotten
04- Demons
05- Lullaby
06- Abandoned
07- When the World Stops Turning
08- Miles Away
09- Beginnings
10- An Underlying Past
11- Chasing Ghosts
12- Memories of You