Recensione: Ashes of Eden

Di Eugenio Giordano - 13 Giugno 2003 - 0:00
Ashes of Eden
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Anno: 2003
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65

Questi cinque musicisti americani giungono al contratto con Limb Schnoor dopo aver autoprodotto un cd dal titolo “Hell on earth” che non aveva mai visto la luce nel mercato ufficiale a causa del disinteresse della scena americana e delle etichette locali in quel frangente. Questo “ashes of eden” può a tutti gli effetti essere considerato come il debutto ufficiale dei Total Eclipse e di sicuro il gruppo può dirsi fortunato a vantare la produzione di un personaggio come Uwe Liluis che certamente non può sfuggire a chi ama il metal europeo e a chi conosce la scena dell’ultimo decennio.
Classificare il disco in questione con l’etichetta “U.S. power metal” è certamente molto generico e solo in parte corretto, certamente il gruppo si muove agevolmente in atmosfere epiche e crescenti, ma di certo le radici dei nostri sono fondate più indietro nel tempo sui dettami di Vicious Rumors o i primi Riot, naturalmente rialeborati e rivisti in chiave più moderna. La composizione dei brani di questo platter non è stata una procedura superficiale o prestabilita, i Total Eclipse sanno scrivere brani complessi e piuttosto architettati senza però muoversi verso lidi troppo criptici o difficoltosi per l’ascolto, in questo mi ricordano gli Steel Prophet più maturi.
L’iniziale “storm warning” è un esempio lampante del talento del gruppo, un brano articolato e chitarrisitcamente vicino al Maiden style nelle parti soliste, ottimi i cambi di tempo e le aperture melodiche, bella anche la prestazione vocale mai troppo acuta e piuttosto versatile in modo da garantire un buon dinamismo al suono. La successiva “crystal sky” è certamente uno dei brani migliori del disco, lunga e articolata, alterna ottimi spunti melodici sempre epicheggianti con parti chitarristiche lanciate e coinvolgenti, certamente questo è un brano ambizioso e complesso ma gli amanti del metal classico sapranno apprezzarlo.
Il disco cala leggermente nella parte centrale, “tears of the world” e “heaven on their minds” non sono dei brani così riusciti come i precedenti, mi pare che il gruppo si perda troppo nella ricerca di passaggi memorabili e questo screditi tutta l’ossatura dei brani, forse poco naturali a conti fatti.
Ottime si rivelano invece le successive “in remembrance” e “the gatekeeper” che nel primo caso mostrano un riffing cadenzato e oscuro unito a una certa frontalità delle melodie che mi pare molto azzeccata in senso live, mentre nel secondo caso riscoprono le acellerazioni della opener riportando il disco su livelli soddisfacenti.
I Total Eclipse sono certamente una band da tenere in considerazione e da mettere da parte, chiaramente il loro genere non è esattamente al top dei trend del momento, per questo non consiglio l’acquisto a chi teme di rimanere deluso da un disco effettivamente opinabile e che può piacere per certi aspetti ma lasciare alcune lacune indiscutibili, per chi tra voi è più avvezzo al metal americano degli anni che furono forse questo è un disco da considerare seriamente.
In definitiva resta comunque il fatto che gli Stati Uniti stiano effettivamente risalendo la china dopo anni di quasi totale (ho detto “quasi”) oblio per quello che riguarda il metal classico, non saranno i Total Eclipse a rifondare una scena, questo è fuor di dubbio, ma un gruppo come questo può certamente contribuire a questo processo negli anni che verranno.

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