Recensione: Ashes of War

Di Daniele Balestrieri - 13 Aprile 2009 - 0:00
Ashes of War
Band: Firbholg
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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68

Sembravano spariti nel nulla e invece dopo sette anni di passione sono tornati i folignati Firbholg, reduci da un interessante Holy Quest che aveva lasciato più di una porta aperta sulla loro personale saga del mondo di Mishall, una vera e propria epopea fantasy guidata dagli stessi membri della band, alla ricerca della famigerata Gemma Nera.
L’intento Rhapsodyano ptrebbe apparire dunque evidente, eppure il genere proposto è tutt’altro che scontato. I nostri sei hanno tentato di personalizzare il proprio sound creando uno strano ibrido di folk estremamente melodico di strampo pagano striato da venature black evidenziate dalla rauca voce del cantante Sir Woluk e da alcune sfuriate, come in “In The Blackest Dungeon“, che riportano alla mente passaggi tipici di band come Mithotyn o primissimi Thyrfing.
Sulla carta sembra tutto particolarmente riuscito, eppure dopo decine e decine di ascolti, ci sono ancora degli elementi che non riescono a cadere al posto giusto.

L’autoproduzione tende a penalizzare il comparto musicale, mettendo in estremo risalto la voce del cantante che non è particolarmente espressiva, limite tuttavia imposto dallo stile prescelto. A volte risulta persino complicato capire cosa sta succedendo dietro al cantante, e la cosa non è aiutata dal tappeto di tastiere che ripete continuamente riff particolarmente all’osso. Dietro la voce e dietro le cantante si nascondono dunque chitarre e basso che faticano, specie nella prima parte dell’album, a uscire allo scoperto come si deve. Alcune tracce vantano una varietà piacevole e senza dubbio benvenuta, come nel caso della battagliera “Swordsman” e del suo bel finale di pianoforte. Ciò nonostante, rimane una certa sensazione di piattezza dovuta proprio alla mancanza di spessore degli strumenti a corda, troppo nascosti da voce e tastiera.
Sarebbe molto interessante ascoltare un remix dell’album con la voce più amalgamata tra gli strumenti e con un’aggiunta di corpo a tutti gli strumenti a corda: uscirebbero probabilmente fuori delle armonizzazioni che ora come ora tendono a rimanere troppo sullo sfondo. Ancora una volta, magnifico artwork sul logo, in copertina, sul libretto e sul CD: lo lodai sette anni fa e continuo a lodarlo quest’oggi, uno stile di fino in grado di convogliare efficacemente su carta il bizzarro epos di casa Firbholg.

Insomma, a parere personale, un album che cerca la propria strada, con fatica, proprio come i protagonisti della saga. Anche se tastiere prevalgono troppo per quello che offrono e il cantato è troppo prominente, i Firbholg non sono una band “copycat”, come troppe se ne vedono in giro, e le idee, sia musicali che concettuali, non sembrano mancare. Un mix più equilibrato gioverebbe certamente a una band che ha molto da dire e che presto porrà il terzo tassello conclusivo alla saga del drago nero, dei tre eroi e di un misterioso martello d’oro…

Daniele “Fenrir” Balestrieri

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TRACKLIST:

01. Intro + Wolmos Gathering
02. Faraway Realm
03. Ashes Of War
04. Swordman
05. In The Blackest Dungeon
06. The Shadows Son
07. Beyond All Hopes
08. A Dying Empire – Domination

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