Recensione: Asphyxiating Devotion
Oggi parliamo di death metal, quello più viscerale profondo ed asfissiante, quel death metal che ti lascia piacevolmente colpito e con una voglia di fare headbanging con le corna al cielo per tutta la durata del disco, e che disco. Prima uscita ufficiale, primo sigillo e primo centro per questi giovani deathster; gli Ekpyrosis hanno dentro il virus raro denominato “old-school” e noi non possiamo che goderne con giubilo, “Asphyxiating Devotion” spacca! Ora tornando nei ranghi cerchiamo di mettere dei paletti, come tutti sappiamo non si inventa nulla, ad oggi tutto è già stato scritto e questa è la storia della rava e della fava più antica del mondo, ma in questo non poter più inventare nulla di nuovo v’è sempre spazio per creare ogni giorno una canzone diversa dal passato, una canzone che assomiglierà spesso e volentieri a qualcosa che hai già sentito. Che possiamo farci se in fin dei conti le note sono circoscritte in numero finito? Anche dunque all’interno di questo grande calderone del quotidiano “non-inventare”, per riuscire a tirare fuori qualcosa di decente, per scrivere bene, serve impegno, dedizione e buon gusto; aspetti di cui non tutti sono provvisti dalla nascita. Dentro queste nove canzoni è possibile ritrovare un compendio, un mini bignami, di tutto quello che la storia di band quali Incantation, primi Immolation, gli immortali Demigod e in parte gli Asphyx hanno creato negli anni passati; prendiamo le sfumature tipiche di questi gruppi uniamole e aggiungiamoci una venatura di gusto personale non indifferente ed il gioco è fatto. Alcuni album non si spiegano, serve solamente schiacciare play, alzare il volume e li si gode con la passione di sempre. Fine della recensione. Scherzo, entriamo leggermente più all’interno e vediamo di che pasta siamo fatti.
La partenza a razzo ci mette di fronte una doppietta brutale e primordiale al punto giusto; la combinazione ‘Profund Death’ e ‘Obsessive Christendom’ spazza via in pochissimi secondi come a volere settare i parametri dei minuti successivi. Blast beast che si fondo al meglio su stacchi e mid-tempo ci danno l’idea chiara della veste compositiva con cui i ragazzi del gruppo sono cresciuti; già la terza ‘God Grotesque’ si aggira entro lidi più lenti e “groove” oriented per andare a offrire una struttura più complessa alla tracklist, questo è uno degli episodi più vicini agli Incantation riscontrabili dentro “Asphyxiating Devotion” perché sono i dettagli che fanno la differenza. Non è l’unico momento di questo calibro perché ‘Morticians of God’ e Blasphemous Doom’ hanno dalla loro quella leggera orecchiabilità rispetto alle altre canzoni che le rende differenti, come a fornire una visione leggermente più ampia evitando la monodirezionalità a tout-court. Certamente gli episodi più ferali, quelli che scavano nelle viscere del concetto stesso di death metal, ovvero furia cieca non tanto a livello musicale ma quanto più concettualmente e psicologicamente ci sono; prendiamo ad esempio ‘Immolate the Denied’ dove lo stacco da 3:17 a 3:50 è uno dei vertici del disco, dove la vera essenza della blasfemia ed intolleranza viene raggiunta con maestria e semplicità. Dimostrazione di quello che si accennava in precedenza, certi istinti bisogna averli dalla nascita, non escono così bene se non li si sente dentro come il battito cardiaco. Ultima ma non per importanza vorrei citare la settimana ‘Depth of Tribulation’ che prende spunto negli anni 80 andando a scavare in profondità per rallentare in tipico stile Asphyx buttandosi nel ritornello che con la sua semplicità diventa un chiodo fisso; giuro che per giorni sono andato in giro canticchiandolo dentro di me, provare per credere! Per quanto riguarda la produzione possiamo tranquillamente parlare di un ottima combinazione tra bilanciamento di ogni strumento, dove la potenza dei suoni non scivola mai entro un calderone plasticoso e ipermoderno; la verve anni 90 la si percepisce anche in questo, dove l’atmosfera è data anche dalla possibilità di riuscire a sentire ogni passaggio suonato senza andare ad intaccare il risultato globale.
Siamo di fronte dunque ad un ennesimo ottimo album che riesce a combinare la classicità dei tempi antichi con un tocco di gusto tipico Italiano, senza scadere nei copia incolla prolissi di alcune realtà contemporanee. Non c’è da nascondersi dunque e l’applauso nasce spontaneo, gli Ekpyrosis al loro primo parto hanno già stabilito le coordinate stilistiche del loro sound, non ci resta che attendere novità dal futuro, ma visti i presupporti la strada è tutta in discesa e noi non possiamo che esserne compiaciuti. Nulla di rivoluzionario ma una semplice ed onesto album realizzato con gusto e passione, horns up!