Recensione: Astra Symmetry

Di Stefano Santamaria - 6 Febbraio 2017 - 0:00
Astra Symmetry
Band: Monkey3
Etichetta:
Genere: Stoner 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Onde muovono l’aria, disegnando arabeschi che rendono l’aria tremula, miraggi irraggiungibili, digressioni di desideri che, dormienti, diventano flebile immagine in lontananza. Suoni che oseremmo definire arabeggianti, e deserticamente rock, si susseguono in sviluppi doom nell’ultima fatica in studio degli svizzeri Monkey3.

Il progetto è nostalgicamente legato alla scuola psichedelica, ai più recenti Pink Floyd made in David Gilmour, con un approccio che, con il tempo, si è avvicinano a canoni vagamente metal. Chiaramente sono solo sfumature, in un contesto che mantiene l’armonia e l’atmosfera al centro di tutto. Il passo attitudinale più importante resta quello però vero il progressive, genere che via via si è accostato al più acido rock. Non sempre questo sodalizio viene accettato dall’ascoltatore, o comunque riesce efficace, ma nel caso precipuo, tutto resta spontaneo e naturalmente mescolato.

Sibili, sussurri, preghiere, ed eco di emotività profonde si stagliano in una soleggiata e polverosa via in cui i pensieri si disperdono, magicamente. Gli sviluppi dei brani, assai lenti e con dilatati tempi di respiro, non saranno pane per chi non ama aspettare, perché ovviamente è intriso nel genere tutto questo, considerando inoltre che gli effetti e l’anima caleidoscopica dello psychedelic non velocizzano ovviamente i pezzi. Interessanti i sussulti più doom ed estremi del lavoro, digressioni di un’estremizzazione che graffia e che, accompagnata dalle sulfuree divagazioni della band, creano un impatto di colori ficcante e tracimante di sentimenti. “Dead Planet Eyes” è il punto, secondo la nostra opinione, da cui partire se la band vuole cambiare qualcosa.

Il full-length mesce malinconia e romanticismo, scandendo con ipnotica, ma sonnolenta, ritmica il battito crescente di un sentimentalismo di psichedelica memoria. Disco delicato, capace di far vibrare le corde dell’anima, ma che pensiamo non farà la gioia di tutti, visto la mancanza generalizzata di dinamicità.  Chiaramente se siete invece dei pazienti ascoltatori, qui troverete la via per viaggi in dimensioni lontane, in cui rifuggire dal quotidiano ed appannato tedio.

Stefano “Thiess” Santamaria

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