Recensione: Astral Quest

Di Marco Tripodi - 12 Febbraio 2018 - 8:00
Astral Quest
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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64

Fa sempre piacere imbattersi di tanto in tanto in qualche band proveniente dalla periferia dell’Impero, l’Impero borchiato intendo, quello che ha le sue capitali sparse tra Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Scandinavia, le principali ed indiscusse aree di influenza in ambito heavy metal (con generi e sottogeneri di riferimento). Nonostante l’enciclopedico Metal Archives metta in lista oltre 2000 band esistenti ed esistite, non sono tantissimi i dischi battenti bandiera cilena che vengono in mente al momento di elencare una ipotetica classifica di imprescindibili – anche solo pregnanti – capisaldi metallici. Ad infoltire le fila dei metalhead latino-americani si fanno avanti anche i Miskatonic Union, ufficialmente attivi dal 2014 ed approdati oggi, mediante Iron Shield Records, al proprio debutto worldwide. Tuttavia è dal 2015 che la band assembla “Astral Quest“, funestato da problemi di salute e di line-up. Ascoltando l’album si potrebbe andare anche più a ritroso, di qualche decennio, per quanto riguarda il sound proposto dai cileni. L’orbita di riferimento è abbastanza chiaramente quella degli anni ’80 e segnatamente un paio di band emergono sopra le altre: Iron Maiden e Queensryche.

I Maiden spadroneggiano nel songbook dei Miskatonic, quasi ogni momento di “Astral Quest” ha la propria scaturigine nella discografia primaria della band di Steve Harris e soci. A mitigare questa eredità ingombrante arrivano qua e là i Queensryche, cosicché le proporzioni di riferimento delle due blasonatissime corazzate guidate da Dickinson e Tate si attestano rispettivamente al 70% e al 30%. Questo connubio è ulteriormente benedetto da spruzzate di US power metal, vagamente affioranti in sordina, anche se – come detto – il dato più rilevante ed evidente è l’innegabile apporto della chiave di volta Maieniana su tutta l’architettura Miskatonica. Il monicker scelto dalla band lascia l’amaro in bocca; già perché leggendolo, e osservando poi l’artwork ed il titolo dell’album, verrebbe da pensare ad una fortissima impronta lovecraftiana sulle atmosfere e le suggestioni nelle canzoni in scaletta. Invece, nonostante testi tematici riferiti all’universo lovecraftiano, il metal dei Miskatonic Union è piuttosto convenzionale e ordinario, davvero poco, pochissimo che faccia sentire il sapore arcano e minaccioso delle pagine del genio di Providence, che permetta di alzare la testa ed abbandonarsi a visioni di mondi paralleli popolati da creature indicibili ed orrori mitologici.

I Miskatonic Union tuttavia non sono affatto dei pessimi musicisti, né “Astral Quest” è un brutto disco; anzi, discretamente suonato e prodotto, ha il suo punto di forza nella interpretazione vocale stentorea e carismatica di Raúl Saa ed in un lotto di canzoni tutto sommato compatte e granitiche. A mio personale gusto, “Road To The Mountains Of Madness“, “Miskatonic Union“, “Nostradamus” e “Captain Sparrow” sono quelle che hanno una marcia in più, inserite in un contesto comunque ampiamente positivo. Certo, la band non sorprende, non inventa né rielabora in modo granché personale; sostanzialmente siamo al cospetto di una rilettura degli stilemi maideniani, ben fatti e padroneggiati, arricchiti da un ampio bagaglio heavy metal anni ’80 e da una narrazione all’insegna dell’epicità. Un buon prodotto in definitiva, anche se al pari di tante altre uscite che quotidianamente affollano il mercato discografico. Come debutto ha delle frecce al proprio arco, ora i cileni dovranno crescere rapidamente e trovare una propria strada, approfondendo ulteriormente e con maggior personalità le visioni lovecraftiane, oppure muoversi in altre direzioni ma sempre dando tridimensionalità, sensibilità e spessore al proprio songwriting.

Marco Tripodi

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