Recensione: Astrala
Quarto album, oltre a demo e singoli vari, per i finlandesi Unshine, che con questo “Astrala” scrivono un nuovo capitolo della loro epopea musicale: lo scopo dei nostri è quello di ripristinare un rapporto uomo/natura equilibrato e paritario, diffondendo il loro messaggio di amore incondizionato per la Grande Madre intesa come casa spirituale di tutti noi; largo quindi a temi legati al folklore e al rispetto della terra, assai cari ai nostri cinque finnici, che si innestano su un tappeto sonoro che il gruppo stesso ha battezzato druid metal: al di là delle altisonanti etichette – in fondo il genere proposto è il classico incrocio tra power, folk e gothic – va notata la costante ricerca da parte del gruppo di melodie ammalianti che svettino al di sopra delle atmosfere oniriche abilmente create dal comparto strumentale. Purtroppo, tale ricerca non sempre si conclude in modo ottimale, finendo anzi per appiattire la proposta del gruppo, soffocandola un po’ troppo spesso con sovrastrutture ingombranti che le impediscono di esplodere dalle casse come mi sarei aspettato: anche la voce, suadente e molto flautata, di Susanna, mi ha dato più volte l’impressione di essere sottotono, dimessa, quasi fiacca, cosa che ha abbassato ulteriormente il mio indice di gradimento. Nonostante questa scelta sia molto probabilmente dettata dal desiderio di creare un unicum musicale etereo e seducente, atmosfericamente solido e compatto, il risultato finale è, a mio avviso, un pastone sonoro che raramente si eleva al di sopra di una certa monotonia. Non aiuta, da questo punto di vista, anche la scelta di dedicarsi per quasi tutto l’album a tempi piuttosto scanditi, con sporadiche ma alla fin fine trascurabili accelerazioni, che non fanno altro che cementare l’impressione di ripetitività dell’album relegandolo sempre più, a mio avviso, al ruolo di semplice colonna sonora da ascoltare mentre si fa altro.
Gli episodi migliori dell’album si trovano, secondo me, nella sua seconda metà: innanzitutto “Druids are A-Coming”, cavalcata molto classica, trascinante e dotata di ottime armonie, in cui i nostri dimostrano che quando ci si mettono sono capaci di tirare fuori dal cilindro brani avvincenti, la cangiante “Suo (Kantaa Ruumiit)”, abile a passare da toni soavi ad intensità più danzerecce senza farsi mancare anche una certa dose di minaccia, chiudendo il tutto con un finale più soffuso, e la conclusiva “The Forest”, suite piuttosto corpacciuta durante la quale i nostri finlandesi alternano ottime atmosfere a passaggi più eterei, caricando il tasso onirico della loro proposta quando serve e confezionando così un bel commiato per i loro fan. Purtroppo, a parte questi pochi episodi, non ho trovato molto altro che permettesse ad “Astrala” di svettare sopra la massa di album, diciamo così, di folk contemplativo: il quintetto è sicuramente bravo a creare atmosfere affascinanti ed ipnotiche, e questo è fondamentalmente il principale motivo per cui l’album si guadagna la sufficienza, ma la sua monotonia di fondo non gli permette di rompere i muri che il gruppo si è costruito attorno da solo, relegando a mio modestissimo avviso l’appetibilità di questo album a una ristretta cerchia di appassionati.
P.S.: non preoccupatevi se, controllando su spotify, notate che quest’album è stato accreditato ai Sonic Prophecy; si tratta di un errore della piattaforma stessa, che dovrebbe (si spera) essere corretta entro breve tempo.