Recensione: At The End Dead Await
Una nuova band che tanto nuova non è. Sotto il nome Overtorture sono riuniti infatti musicisti che nel corso degli anni abbiamo avuto modo di ascoltare in svariate formazioni quali Grave, Demonical, Coldworker, Witchery e altri ancora. Si tratta indubbiamente di personaggi minori, comprimari, ma pur sempre gente che da tempo frequenta palchi e sale di registrazione e quindi sa come si scrive un disco: nello specifico, uno di death metal svedese vecchia maniera. Oddio, non è che il risultato faccia gridare al miracolo. Ci troviamo piuttosto dinanzi a un discreto prodotto, suonato con la dovuta passione ma che di certo non cambierà la vita di nessuno né risolleverà le sorti del genere.
Scopo primario di questi ragazzi pare tributare il suddetto filone musicale senza star lì a scervellarsi troppo alla ricerca di colpi a effetto o intuizioni rivoluzionare, con buona pace degli evoluzionisti del metallo, dei modaioli a oltranza e amenità varie. Tutto quanto, in “At The End Dead Await” si potrebbe fare risalire a una quindicina di anni fa o giù di li, produzione compresa. Quindi se vi ritenete anche voi degli amanti di queste sonorità, siete i benvenuti: qui c’è pane per i vostri denti. In caso contrario, lasciate pure perdere, passate oltre, perché se non vi hanno già convito campioni come Dismember ed Entombed, dubito fortemente che ci possano riuscire gli Overtorture. Non credo neppure che il quintetto si ponga l’obiettivo di fare proseliti e di convertire nuove anime a questo suono, tutto intento com’è a spaccarsi la vita a suonare con la più congeniale delle attitudini.
Sotto quindi con il profondo growl di Joel Fornbrant, con le roventi chitarre di Magnus Martinsson e Andreas Hemmander che, per quanto saldamente ancorate allo stile di Stoccolma, non disdegnano qualche puntatina nei pressi di Gothenburg, come testimoniano vari riff e armonizzazioni. Intelligente pure l’uso dei soli, semplici ma melodici, volti a stemperare la tensione che man mano viene accumulandosi. Come si conviene, la sezione ritmica è un rullo compressore, con l’ottima prova del veterano Fredrik Widigs capace imprimere il giusto groove a composizioni spesso intransigenti.
Ecco quindi una manciata di buoni brani come la dinamica “Black Shrouds Of Dementia”, le thrasheggianti “Slave To Atom” e “Targets” o ancora le scoppole di “The Strain” e “Suffer As One”, tutta roba che potrebbe far divertire gli amanti delle leggendarie band summenzionate se nel frattempo non fossero stati tutti accaparrati dalla contemporanea uscita di altre realtà composte da protagonisti assoluti del settore.
Matteo Di Leo
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Tracce
01. Black Shrouds Of Dementia 4:18
02. Murder For The Masses 4:17
03. Slaves To The Atom 4:30
04. The Outer Limits 3:43
05. Targets 4:28
06. The Strain 2:27
07. The Coming Doom 4:27
08. Towards The Within 4:27
09. Suffer As One 3:39
10. At The End Dead Await 5:15
Durata 43 min.
Formazione
Joel Fornbrant – Voce
Magnus Martisson – Chitarra
Andreas Hemmander – Chitarra
Joakim Antman – Basso
Fredrik Widigs – Batteria