Recensione: At War

Di Alessandro Di Clemente - 3 Giugno 2004 - 0:00
At War
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Anno: 2004
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65

Terzo lavoro per i tedeschi My Darkest Hate, “all stars band”: Jorg M. Knittel e Oliver Grosshans dei Sacred Steel (chi si ricorda, alla fine dei ’90, albums come Reborn in Steel, Wargods of Metal e Bloodlust), Klaus Sperling dei Primal Fear, Chris Simper ex-Pale ed ex-Disinfect e Oliver Schort dei Malice in Wonderland.
I cinque teutonici ci propongono per la terza volta un death metal, a detta loro, influenzato da Bolt Thrower, Massacre e vecchi Celtic Frost, ma io aggiungerei anche Obituary (quelli primordiali, più lineari).
Quindi si parla di death metal, ben suonato, che si attesta su mid tempos carichi di grooves, con incursioni nel death/thrash: una mistura tra il death all’americana e quello europeo.
La partenza affidata alla breve I Am At War, rispecchia fedelmente gli stilemi succitati, la successiva ricorda clamorosamente i Six Feet Under di mr. Barnes (quelli di Haunted per intenderci), prediligendo la potenza dei riffs dalle velocità medio-basse.
In tal guisa il cd prosegue senza variare di una virgola la proposta musicale dei nostri, senza mai sconvolgere l’ascoltatore con trovate atipiche.
Il cd si conclude senza sorprese, la noia è sempre dietro l’angolo e la band ne esce sconfitta, pur essendo un album formalmente ineccepibile, ben suonato, ottimamente confezionato (l’artwork affidato a Travis Smith, l’artista preferito da Nevermore, Opeth, Malevolent Creation, ecc…) e superbamente prodotto (pur utilizzando lowtunes la registrazione è parimenti pulita e potente), il cd non regala nessuna emozione, la scontatezza dei riffs è disarmante così come la piattezza di tutte le trovate ritmiche, ed il vocalist, pur molto bravo nel variare tra growls mai sconfinanti nel brutal e screams acidi, non riesce a staccarsi dalla somiglianza con un Barnes demotivato e sottotono.
Un cd che si lascia ascoltare ma che relega la band tedesca ad un ruolo di comprimarietà, dedicato ai fans più sfegatati del death old school, quello scevro da qualsivoglia incursione nel brutal, nel thrash, nel melodic o tantomeno nel grind.
Un barlume di melodia lo troviamo nella settima song “Justice”, ma non credo che una variazione di tal genere possa valere l’acqusto di un intero cd monolitico come questo.
Un album intransigente e conservatore: il manifesto di una devozione neanche celata nei confronti di un death metal massiccio, pachidermico che prosegue dritto alla meta senza pressioni di sorta, sicuro di arrivare alla conclusione devastatrice.
Il problema è che l’aspetto devastante è stato dimenticato a casa, se i My Darkest Hate fossero almeno stati una macchina da guerra, un carro armato senza freno a mano, probabilmente il giudizio sarebbe stato diverso, invece mi ritrovo ad avere un cd che non è nè carne nè pesce, quadrato fino all’ossesso, ma senza un briciolo di cattiveria nè di potenza a livello compositivo, l’ottima produzione non fa altro che evidenziare le carenze della band.
Veramente per gli sfegatati del death old school.

Tracklist:

1. I Am At War
2. Only The Weak
3. I Will Follow
4. Voyeur
5. Mary
6. Catch The Bullet
7. Justice
8. Assassin
9. Above The Sky
10. No Wonder

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