Recensione: Atavism
La nuova quanto attesissima uscita discografica degli Slough Feg, dall’emblematico titolo “Avatism”, si rivela essere un disco davvero ottimo sotto moltissimi punti di vista. Ci troviamo, infatti, di fronte ad un robustissimo lavoro di puro ed incontrastato Heavy Metal che va abbracciare tanto l’US power metal quanto sonorità di stampo epiche ed a tratti addirittura doom-oriented, un disco quindi molto vario e particolarmente duraturo proprio grazie alla sua fresca dinamicità artistica.
Certo è che titolo più azzeccato non poteva esserci per la maestosa opener Robustus, breve e rocciosissima strumentale che funge come intro per la prima vera e propria canzone del lotto I Will Kill you/You will die me, arcigno brano orecchiabile e potente che viaggia sulla falsariga di un US Metal d’impatto dei tempi che furono. La successiva nonchè strumentale Portcullis strizza l’occhio ai migliori Metal Church (The Dark era?) grazie al suo riffing compatto ed assolutamente devastante mentre la seguente Hiberno-Latin Invasion si rivela essere un ipotetico mix tra il Running Wild style (era 90′) e le tessiture chitarristiche più proprie ad un Epic Metal di stampo classico. Con l’altra strumentale del lotto, Climax of Generation, la band assesta un altro duro colpo di puro ed intransigente metallo pesante grazie ad un’incandescente ondata di note sprigionate dal sapiente lavoro chitarristico di Greg Haa. La successiva ballad Atavism ci conduce su lidi dolci e delicati (quanto scontati), peccato per la voce del singer Mike Scalzi, assolutamente non a suo agio nell’intonare lente e malinconiche composizioni.
La possenza della seguente Eumaneus the Swineherd spinge la band a cimentarsi in territori consoni addirittura ad un epic/doom metal dal riffing di “Candlemass-iane” memorie (Nightfall docet), mentre il discorso epico intrapreso continua e si evolve nella successiva Curse of Athena, epica song costruita su ragionate quanto blande ritmiche dal sapore cupo ed oscuro. Agnostic Grunt, tra i migliori brani del lotto, ci fa ritornare su quei binari più veloci e diretti che già avevamo intrapreso nel corso delle prime traccie del full lenght, song caratterizzata da un’eccellente quanto energica costruzione melodica scolpita da un pungente e granitico riffing. Così come granitico è il seguente blocco d’acciaio composto rispettivamente da High Session V (impetuosa nel suo incedere) e Starport Blues (sbarazzina e travolgente nel suo rocckeggiante andamento).
La ballad Man out of Time, molto folcloristica, passa quasi inosservata mentre Agony Slalom ci prepara alla lunga e possente Atavism II, sintesi perfetta di tutte le sonorità contenute all’interno di questo platter. Ed infatti ritmi potenti, epici e chorus massicci si mescolano sapientemente in un puro vortice di metallo pesante.
Ragazzi gli Slough Feg danno alle stampe un altro album azzeccato, certo non privo di difetti, tra i quali mi preme menzionare lo scarso valore delle ballad e la voce del singer Mark Scalzi, sicuramente ampiamente migliorabile nonché poco a suo agio su pezzi lenti quanto su quelli più “speed oriented”. Ma il full lenght risulta un lavoro artisticamente vincente proprio grazie alla sua dinamicità musicale che rende il tutto molto longevo, e, non per ultimo, grazie anche alle stupende lyrics di cui è composto.
In conclusione mi sento di consigliare vivamente questo disco, un consiglio sincero e lontano da tutti i fanatismi che spesso accompagnano queste uscite discografiche. Non di rado, infatti, ho letto ed ascoltato pareri intenti a far passare questo album per capolavoro imprescindibile, pareri tanto ridicoli quanto nocivi nei confronti di una band sincera ed onesta come gli Slough Feg (Heavy Metal at its best!)
Vincenzo Ferrara