Recensione: Atmosphere
Meno di due anni fa recensivamo positivamente Above And Beyond, mentre i Bad Habit si dedicavano ad un “best of” che avrebbe potuto far pensare ad una pausa di riflessione, puntualmente smentita dall’arrivo, nemmeno sei mesi dopo, di un nuovo studio album, questo “Atmosphere” che in qualche modo mantiene il ritmo delle uscite degli svedesi molto alto, sebbene in passato la band non fosse stata altrettanto prolifica (cinque album dal 1987 al 2005, oltre ad una primo raccolta e al remaster dell’introvabile quanto magnifico “Revolution“).
Ormai assestati tra i leader del movimento AOR scandinavo, i Bad Habit possono contare su un sound ormai consolidato, che trova nella voce del singer Bax Fehling un “segno particolare” che ne garantisce la riconoscibilità, insieme al connubio vincente tra le liriche dal mood sempre positivo e le melodie frizzanti e spesso sbarazzine.
Reggere il confronto con il travolgente “Above And Beyond“, pubblicato da troppo poco tempo per non risuonare ancora nelle nostre orecchie, è impresa assai ardua. Tuttavia il nuovo nato in casa Bad Habit si difende con le unghie e i denti – ovvero con le stesse armi del suo predecessore – e non sfigura affatto, raggiungendo, seppur per una strada diversa, i livelli di due anni prima.
La strada è quella della omogeneità, della certezza, dal punto di vista musicale. Il songwriting non conosce esitazioni o momenti di riflessione, mantenendosi su livelli eccezionali per tutta la durata del disco.
Di certo una partenza “col botto”, quale è quella di “In The Heat Of The Night“, è quasi obbligata, anche se, un climax ascendente rispetto all’opener (che alla fine della fiera risulta la migliore del lotto) avrebbe fatto gridare al capolavoro assoluto. Bax si abbandona in una performance clamorosa, fatta addirittura di sovracuti in cui non è solito cimentarsi, e lascia l’ascoltatore con un’aspettativa enorme per il prosieguo.
In realtà, come già anticipato, non c’è da annotare nessuna flessione rispetto ad un incipit del genere, in quanto tutti i brani di questo platter sono decisamente coinvolgenti, e soprattutto qualitativamente omogenei: seguono la forma canzone “imposta” dal genere, e si avvalgono di ritornelli memorabili, fin dal primo ascolto, secondo quello che la stessa band definisce il “fattore BFC”, ovvero il “Big Fucking Chorus”.
Paradossalmente, risulta difficile estrapolare dalla tracklist un pezzo, fatto salvo il primo, che si faccia preferire agli altri; il paradosso sta nel fatto che tutte le song meriterebbero di esser menzionate per gli stessi motivi, e grande è la consapevolezza che l’altissima qualità dei brani proposti sia esattamente ciò che i Bad Habit “avrebbero dovuto” garantire.
Una certezza.
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Tracklist:
- In The Heat Of The Night
- Words Are Not Enough
- Every Time You Cry
- I Wanna Be The One
- I’ll Die For You
- Angel Of Mine
- Fantasy
- We Are One
- Only Time Will Tell
- Break The Silence
- Save Me
- Catch Me When I Fall
- Without You