Recensione: Atoma
“Ci sono così tante cose nel mondo in questo momento che stanno accadendo contemporaneamente, escludendo il fattore politico, che ho cercato di trovare un angolo prospettico che riesca a raccontare la nostra natura attraverso queste avventure quotidiane. Come si fa a entrare in empatia con le persone che non conosciamo? Come facciamo comunicare gli orrori del mondo per i nostri figli e fino a che punto siamo in grado di portare oltre la nostra immaginazione per dare un senso di tutto questo?”
Mikael Stanne in merito ai temi trattati su “Atoma”.
I Dark Tranquillity sono uno degli emblemi di maggior successo di quel micro mondo identificabile quale “Gothenburg sound”, una band che ha da sempre testato e ricreato se stessa sotto svariati aspetti musicali. Descrivere la loro carriera e ogni influenza che hanno ricevuto e dato al mondo del metal è come perdersi dentro un labirinto di mastodontiche dimensioni; undici album all’attivo tra luci e ombre che hanno indissolubilmente confermato come i nostri ad ogni modo non si sono mai svenduti. Diciamolo chiaramente, ad oggi possiamo mettere la mano sul fuoco che Dark Tranquillity, i ritrovati Soilwork, i sottovalutati Mors Principium Est, gli immortali Hypocrisy e i redivivi At The Gates sono gli unici che possono ancora darci soddisfazioni su quelle sonorità che tutti conosciamo. Gli altri si sono a malincuore persi dentro un calderone informe di inutilità sonore, vedasi In Flames, Arch Enemy, Mercenary e compagnia bella. Come visualizzare dunque questo nuovo “Atoma” all’interno di questa sterminata discografia? Un album figlio dello split con lo storico chitarrista Martin Henriksson che ha deciso di rifarsi a vita privata, lasciando così l’incombenza di entrambe le chitarre a Sundin, che inevitabilmente scolpisce il suo marchio di fabbrica indelebile entro ognuna delle dodici canzoni ufficiali. Dodici canzoni che come dichiarato prendono vita dalla volontà della band di andare oltre, di testare sentieri inesplorati e rivitalizzare un sound che nelle ultime fatiche risultava troppo statico e senza mordente. Sia “Construct” che “We Are The Void” sono due album che non possono essere definiti geniali, così il nuovo nato casca a fagiolo riportando linfa vitale e idee mai banali in seno alla band. Senza giri di parole “Atoma” ha al suo interno un’anima fresca e progressiva che esalta e sorprende come nessuna band svedese è stata in grado di fare negli ultimi anni.
Ed eccoci al famoso capitolo dove le tracce musicali dovrebbero essere spiegate ed analizzate, pensandoci “Atoma” parte con un tiro classico a-là Dark Tranquillity attraverso il primo brano ‘Encircled’ che a conti fatti non regala alcuna sorpresa, tutto molto standard. Le sorprese vere e proprio arrivano dalla ‘Titletrack’ in avanti, dove questo nuovo sound degli Svedesi viene a nascere ed elevarsi; le aperture melodiche, i ritornelli con le clean vocals e un utilizzo delle tastiere maggiore in proporzione al passato rielaborano il sound in maniera fresca e personale. Serviva questo salto di costruzione compositiva per andare a reinventarsi senza snaturare il proprio stile compositivo; dalla seconda traccia passando per il singolo ‘Forward Momentum’ andando a cadere nella droga in salsa musicale denominata ‘Neutrality’ tutto è continuo di ritornelli e melodie che si incastonano in testa diventando un chiodo fisso. C’è una venatura Gothic che richiama quel periodo di transizione con album quali ‘Projector’ e ‘Haven’ senza mai andare così il là come in quelle specifiche occasioni; il nocciolo del gruppo è ancora stabilmente inserito nel melodie death ma ha qualche nuova linea di drammatico decadimento che non stona. La sensazione è quella che più le tracce diventano veloci più la velocità sia fine a se stessa, oggi i Dark Tranquillity creano per formare sovrastrutture e “progressioni” sonore che da molti anni erano statiche e restie all’innovazione, i soliti riff cambiati di posizione senza arte ne parte sono un ricordo lontano fortunatamente. Anche le lente ‘Faithless by Default’ e ‘Merciless’ Fate’ non diventano fini a se stesse, spezzano il ritmo della seconda parte, che gioca su maggiori contrasti, per afferrare di più l’attenzione dell’ascoltatore. Ovviamente dodici canzoni sono molte, hanno necessità di una stesura sonora più lunga e di un assorbimento decantato e stagionato dato che “Atoma” non diventa di facile appiglio dopo soli due o tre ascolti. Mi risulta difficile riuscire a parlare meticolosamente di questo disco, figlio di una seconda giovinezza che mai e poi mai avrei immaginato, difficile perchè il circheio, il vortice di sfumature entro il quale si perde è contorto e di notevole spessore. La cura dei dettagli è l’arma che tende a far diventare da buono a ottimo questo album, che sorprende ascolto dopo ascolto, senza mai annoiare; onestamente li stavo dando per persi dopo “Construct”, mentre oggi senza fare preavvisi ti esce quella che potrebbe essere la rivelazione dell’anno. Quel disco che convince senza remare contro la propria stessa storia culturale e contemporaneamente butta l’occhio a quel mondo nuovo e inseplorato figlio di una creatività ritrovata.
I Dark Tranquillity sono tornati, riassumendo la loro intera carriera con il loro album migliore del nuovo secolo. Atmosfere, sonorità, prestazione dei singoli e produzione; risulta difficile riuscire a trovare un difetto ad “Atoma” dato che pure le due tracce del disco bonus sono pregevoli e da pelle d’oca, aprono ancora di più lo spettro della band ad oggi e regalano attimi di contentezza se ascoltate separate dal resto del disco. Chiudiamola qua, non v’è altro da aggiungere, chi ha capito ha capito e possiamo testimoniare come oggi, la Svezia, ha un nuovamente riabbracciato dopo anni di silenzi creativi i nostri cari. Ci mancavate, ben tornati!
“La certezza, l’abitudine, la prevedibilità uccidono non solo la passione (per mancanza di ostacoli) ma anche il godimento, che è parente della sorpresa.”
(Soren Kierkegaard)