Recensione: Atonement
È innegabile. Molte cose, di questo “Atonement”, rimandano ai Nile e alla loro ossessione per i popoli antichi e/o misteriosi. La copertina, i titoli delle canzoni e soprattutto il genere musicale: brutal death metal ad alto tasso di tecnica. Sarebbe però oltremodo ingeneroso, per i Logic Of Denial, pensare che essi siano solo e soltanto un clone degli statunitensi.
Sette anni di attività, tre demo (“Art Of Psychophagy”, 2007; “Spirals Of Downfall”, 2008; “Incipit Of Abhorrence”, 2011), due full-length (“Necrogenesis”, 2010; “Atonement”, 2013) e una cospicua attività live, unitamente a una personalità non comune, fanno degli emiliani un’unità a se stante. Inserita certamente nello stile-madre cui fanno parte Nile, appunto, Behemoth e Hate Eternal, ma dotata di un’indiscutibile aurea di singolarità.
Singolarità che, è bene evidenziarlo, esce a poco a poco, via via che si susseguono gli ascolti. Il brutal, del resto, è un genere che ai non-appassionati può apparire eternamente uguale a se stesso. Così non è e così non sono i Logic Of Denial. L’abissale lontananza della proposta dai canoni anche meno comuni di una ‘bellezza’ melodica tipica della musica orecchiabile, la complicata ragnatela di note e accordi che forma l’ossatura di “Atonement” e l’obiettiva difficoltà che si deve affrontare per leggere correttamente le song del platter fanno del medesimo un boccone duro da masticare e ancor più ostico da digerire.
Tuttavia, al contrario di tanti altri (bravi) colleghi che si cimentano nei tempestosi marosi della più oltranzista tipologia death, Mattia Gatti e i suoi compagni riescono innanzitutto a evitare l’appiattimento di un sound sempre vivo, profondo, pulsante nonché ricco di groove. Poi, a dotare il medesimo di una sottile ma marcata fisionomia. Come a dire «sì, facciamo brutal ma, sotto sotto, si sente che siamo noi». Del resto, il muraglione di suono eretto dalla chitarra di Alessandro D’Antone è assolutamente spaventoso nelle sue sterminate dimensioni e quindi può far paura ai meno esperti. Ma, con un briciolo di pazienza e concentrazione, si giunge ad assorbire in toto tale fenomenale guitarwork, potendone cioè apprezzare sia le caleidoscopiche ritmiche, sia i fulminanti soli; il tutto eseguito con un ordine e una pulizia forse più tipici del technical. La bontà del lavoro d’ascia, inoltre, si può evincere anche dal suo armonioso matrimonio con la sezione ritmica e, soprattutto, con il drumming di Daniele Costa. Drumming quasi sempre centrato sul blast-beats che, però, non va mai a sovrapporsi alla sequenza degli accordi prodotti dalla sei corde; restandone coeso sì da dare quella profondità, al sound, di cui s’è scritto più su. Unitamente al colore e al calore fornito dal basso di Marcello Tavernari, impegnato principalmente a costruire un supporto magari poco visibile ma molto efficace nell’inspessire un suono, si può dire a questo punto, davvero ben riuscito. Da mettere sugli altari, anche, la prestazione di Gatti, che evita gli eccessi dell’inhale proponendolo in misura minima assieme a uno stentoreo growling anch’esso lontano da certe soluzioni ‘lavandiniche’.
I quarantuno minuti di “Atonement” si comprimono in undici canzoni dall’intensità quasi dolorosa, sia per la pressione sonora, sia per la totale mancanza di rallentamenti se non per qualche divagazione nei meandri del mid-tempo. Difficile selezionare qualcosa che meriti più del resto, data l’alta qualità e la lucida consistenza delle composizioni. Se proprio si deve citare qualcosa, occorre riferirsi a “Despondency”, oscura interpretazione dello spirito di entità aliene innominabili, ricca di pathos e dalla visionarietà assoluta.
I Logic Of Denial non fanno che confermare l’ottimo stato di forma del death italiano, regalando agli appassionati un disco, “Atonement”, vario e dinamico benché perfettamente ancorato alle rigide coordinate che individuano il brutal. Realizzato in maniera professionale, il platter non mancherà di soddisfare sia i palati più esigenti, sia i neofiti in virtù della sua sobrietà e distanza dagli inascoltabili eccessi di certe realizzazioni esageratamente arzigogolate e ridondanti.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce
01. Reek Of Perpetual Infamy 3:21
02. Weeping Upon Repugnance 4:09
03. Behold The Throne Of Torture 3:18
04. Vile Blessing Prelude 3:26
05. The Ravenous Patterns (Of Oblivion) 2:57
06. Sepsis 4:04
07. Catharsis Through Ungodly Annihilation 3:47
08. Apocrypha 3:32
09. Oracles Of Iniquity 3:35
10. Ecthra 4:36
11. Despondency 4:44
Durata 41 min.
Formazione
Mattia Gatti – Voce
Alessandro D’Antone – Chitarra
Marcello Tavernari – Basso
Daniele Costa – Batteria