Recensione: Attero Dominatus
Rieccoli i Sabaton che, dopo l’ottimo “Primo Victoria” ritornano a breve distanza a deliziarci col loro power/heavy. C’è da dire che, se il precedente era piaciuto, piacerà senz’altro anche questo “Attero Dominatus” che altro non è che un ricalco di quello che i Sabaton hanno sfornato fin’ora: brani orecchiabili e ruffiani con influenze varie, dal power teutonico a quello finnico, testi infarciti di retorica guerrafondaia di serie C e il bel vocione di Brodèn (vero punto di forza della band).
L’apertura spetta alla title track, quello che probabilmente è il miglior brano mai uscito da casa Sabaton; sullo sfondo di una Berlino rasa al suolo, la rude voce di Brodèn, supportata da un riffing molto coinvolgente, narra della caduta del Terzo Reich, in un pezzo tutto sommato tirato e catchy, che trova il suo punto di forza nel chorus, semplice quanto efficace. Si continua con “Nuclear Attack“, altra canzone basata sul coro, ma decisamente inferiore alla precedente, con un ritornello che non riesce ad essere abbastanza coinvolgente, ma che anzi lascia piuttosto indifferenti. “The Rise Of Evil” è, probabilmente, il brano più ambizioso dell’album, un’oscura e lenta suite, un mid tempo forse troppo prolungato, ma sicuramente migliore della successiva “In The Name Of God“, skip song che lascia spazio alla splendida “We Burn“, la dimostrazione che i tempi veloci sono quelli adatti ai Sabaton.
Volendo fare un paragone con l’album precedente, questa potrebbe essere una sorta di seguito di “Counterstrike” (l’argomento è il medesimo, le guerre di Israele): notevole l’assolo di influenza vagamente Helloweeniana, davvero inaspettato e ben inserito.
La seconda parte dell’album scorre fluida con l’evocativa “Angel’s Calling“, un tuffo nelle trincee della Grande Guerra, e con la trascinante “Back In Control“, trame che sfociano in una canonica marcia conclusiva, “Light In The Black“. Rimane solo la divertente “Metal Crue” che come al solito, nel suo testo intriso di citazioni, si rivela la canzone più apprezzabile sull’aspetto prettamente tematico.
In conclusione non si può parlare di un brutto lavoro, ma di un disco piuttosto deludente, specie per quanto riguarda il songwriting, ancorato agli schemi dell’album precedente e con brani al limite dell’autoplagio. Impossibile non pensare a “Primo Victoria” con “Attero Dominatus”, a “Purple Heart” con “Light In The Black”, a “Stalingrad” con “Angel’s Calling” o a “Metal Machine” con “Metal Crue” e così via.
Un lavoro tutto sommato piacevole ai primi ascolti ma che non osa niente e non riesce a entusiasmare ai successivi; il fatto che i Sabaton abbiano già annunciato sul sito ufficiale l’uscita di un altro album, non fa certo ben sperare su quella che sembrava essere una band davvero promettente.
Federico “fritz” Vicari
Tracklist:
1 Attero Dominatus
2 Nuclear Attack
3 Rise Of Evil
4 In The Name Of God
5 We Burn
6 Angel’s Calling
7 Back In Control
8 Light In The Black
9 Metal Crue