Recensione: Awaken the Guardian
Ecco a voi un capolavro dell’Epic-Metal statunitense degli 80’s, “Awaken the Guardian” dei mitici Fates Warnings, un album che musicalmente ancora oggi ha molto da insegnare. Ai più la band è conosciuta per le sue perle in campo prog-metal come “Parallels” o “A Pleasant Shade of Gray”, per essere stati alfieri di questo filone e nonchè fonte d’ispirazione dei Dream Theater (infatti Mike Portnoy è un loro grandissimo fan). Ma inizialmente il combo nord-americano fu una delle più stimolanti ed interessanti realtà Epiche di metà anni 80.
Fondati dal chitarrista Jim Matheos la formazione era composta, dagli italo-americani Victor Arduini alla chitarra e Joe DiBiase al basso, Steve Zimmerman alla batteria e alla voce John Arch, che con la sua timbrica acutissima, emulava l’epicheggiante stile di Bruce Dickinson. Scelta non casuale siccome i Fates Warning erano pesantemente influenzati dallo stile degli Iron Maiden, al tal punto che il loro debutto, Night on Brocken (’84), fu considerato un Maiden clone-album, seppur già mostrava una band con una propria identità. Infatti con il seguente “The Spectren Within” (’85), il quintetto si presentò più maturo in fase di songwriting, con canzoni più personali e con spunti interessanti. Ma sarà l’anno successivo (’86) che i FT daranno alla luce il loro capolavoro, come a conferma della famosa “regola del terzo album”, “Awaken the Guardian” ci dona una band che oramai ha trovato il suo stile, colta da uno stato di grazia artistica, con composizioni che al quel tempo, in ambito Epic, erano avanti anni luce……anticipando così ciò che sarebbero diventati in futuro.
Nota importante da evidenziare, prima delle registrazioni dell’album vi fu un cambio nella formazione, l’ingresso di un altro italo-americano, Frank Aresti, al posto di Victor Arduini. Il cambiamento in line-up non porterà nessun cedimento in fase lavorativa, anzi Aresti si amalgamò alla perfezione con la band, e questo si può riscontrare ascoltando le varie canzoni.
Ma arriviamo a questo stupendo lavoro, prima di tutto Matheos e co. sono ancora influenzati dalla Vergine di Ferro, ma mischieranno saggiamente il Maiden-sound, con il meglio dell’ Epic-metal e anche con certe sonorità Thrash (imperante in quel periodo), indirizzandosi così su certe “progressioni metalliche”. Tutto ciò donerà ad ATG molta originalità, tanto da far tacere tutte le critiche che li additavano come”cloni” (di già chi lo saprete), ribaltandole pure al tal punto, da essere pure definiti come degni eredi di Harris e soci.”The Sorceress” apre le danze introdotta da una tetra chitarra acustica, la song si muove su arcani e oscuri mid-tempos, sino al refrein epico. Ma nella parte centrale si riscontrerà una caratteristica di ATG, ovvero arrichire le composizioni con vari cambi di tempo e stili, evitando la solita routine strofa-coro-strofa-coro. Ecco così rocciosi riff ed accelerazioni, duetti chittarristici e cupi passaggi strumentali.
Una opening-track non facile come primo impatto, visto la sua struttura, ma ascolto dopo ascolto si riesce ad apprezzare questa evocativa dark-track.Un thrashy riff apre invece “Valley of the Dolls, canzone dinamica e ritmata, dove il drummer Steve Zimmerman darà sfoggiò della sua bravura, una grande batterista purtroppo sottovalutato in futuro.Qui la band libererà la sua energia in una canzone trascinante e potente, dove si nota una certa aggressività vicina al thrash, interessante poi il contrasto di questa dinamicità, con il roccioso e pesante chorus. Nella parte centrale invece il duo Matheos -Aresti dichiareranno a chiare lettere, che oltre ad essere dei ottimi riff-makers, sono anche dei buoni solisti, con assoli melodici e pieni di feelings.A parer mio il duo poteva sedersi affianco, alle leggendarie coppie di asce nell’Olimpo del Metal; una certa influenza dell’accoppiata Murray-Smith è ancora riscontrabile….ma oramai i due americani sono una realtà indipendente. Tornando alla song notiamo le accelerazioni epic-speed e gli intricati passaggi, dove Zimmerman si sbizzarisce, che abbeliscano questa seconda traccia.
Invece melodie maideniane, basso gallopante e gli acuti enfatici di Arch aprono la prima grande perla di questo album, “Fata Morgana”. Da qui in poi l’Epicità si potrà tagliare con una spadone, la song è un tripudio di melodie e refrein epici, in primis il fantastico chorus, di cui sfido chiunque a non farsi rapire dalla sua mistica melodia. Un gioiello in musica, ma anche la traccia successiva è un must, una canzone che dona magici brividi ad ogni ascolto, ovvero “Guardian”.Introdotta da delicate chitarre acustiche, poi scossa da un melodicissimo assolo ricco di pathos, la quarta traccia viaggia in bilico tra un’evocativa song e la “power-ballad”. John Arch con i suoi acuti vocalizzi, sostenuto da sognanti chitarre, diviene più teatrale nell’impostazione, come un narratore d’ altri tempi, trasportandoci in un mondo lontano e mistico, popolato da mitologiche creature. Il chorus è di più epico che si possa avere, ma è un ancora una volta nella parte centrale che il combo ci soprende, tra momenti di teatrale drammaticità e pesanti riff dei due guitarist, non servirebbero altre parole per descrivere questa piccola opera d’arte.Con “Prelude to Ruin” si entra nella seconda parte di ATG, infatti da qui poi le canzoni si faranno sempre più articolate e ricche di passaggi e cambi di tempo, tanto da poter già usare il termine di epic-prog metal. La song viaggia ancora su mid-tempos per poi passare da partiture cadenzate alle solite accelerazioni dove Matheos -Aresti, tessano i loro solos.
Da brivido lo stacco arcano ed evocatvo dove Arch ci ipnotizza con la sua voce. Stesso discorso anche per la seguente “Giants Lore (Heart of Winter), da notare come in questi due pezzi, la teatralità, il pathos e la ricerca di atmosfera, siano così volutamente ricercate dal quintetto,in questa track poi, gli elementi appena accenatii saranno maggiormente marcati, con un risultato eccelente. Il tutto contornato da due ispiratissimi Matheos ed Aresti nei solos e dalla perfomance di Arch, che fanno di “Giants Lore l’ennesima gemma di questo masterpiece Nuovamente arcane chitarre acustiche accompagnate da solismi elletrici, sono il marchio di fabbrica della strumentale “Time long Past”, song veramente emozionante, che introduce l’utltima traccia, la lunga (più di 8 minuti) “Exodus”.
Con un interessante e cupo inizio, l’end-track prosegue ancora su un roccioso ed epico mid-tempos, ma più ci si addentra in essa e più si notato i particolari, come le melodie e i riff delle chitarre e il drumming di Zimmerman, affiancato dal solido DiBiase. John Arch dà il meglio di se, sopratutto nel chorus, melodico ed epico, come se sapesse che quella sarà la sua ultima canzone con la band.Ma quando oramai immaginiamo il copione, ecco che i Warning ci soprendano per l’ennesima volta, ecco infatti una assolo di chitarra, ma questa volta lento, quasi bluesly, a seguire un Arch sublime, che su un tappeto da ballad ci culla dolcemente. Ma appena ci facciamo avvolgere da tutto questo, che vi è di nuovo la sorpresa, gli acuti del singer trascinano la band in una sfuriata power-speed per poi tornare alle melodie cadenzate e teatrali della song, sino al chorus finale.
Così si conclude Awaken the Guardian, ma si conlude anche il periodo epic-metal dei Fates Warning, infatti Matheos, mente e leader della band, comprenderà di esser giunto (secondo lui) all’apice di un discorso musicale. La sua voglia di osare e andare oltre i confini, lo porterà ad esplorare nuovi e stimolanti lidi, purtropo questo produrrà il defezionamento di John Arch, che con il suo Dickinsiano stile era divenuto un limite, oltre al suo insofferenza verso i tour. Anche Zimmerman nel giro di un album abbonderà il gruppo, da qui poi sappiamo tutti come sarà la storia, però chissà cosa avrebbro ancora sfornato se fossero rimasti su questa stada, chissà? Intanto gustiamoci questa opera magna dal nome di Awaken the Guardian.
Tracklist
1 The Sorceress
2 Valley of the Dolls
3 Fata Morgana
4 Guardian
5 Prelude to Ruin
6 Giants Lore (Heart of Winter)
7 Time Long Past
8 Exodus