Recensione: Awakening
So che può sembrare riduttivo per l’immagine di un gruppo venir presentati come l’ex band di qualcun’altro, ma nel caso dei californiani Trauma è un po’ difficile sorvolare sul dettaglio che siano stati la formazione dove militava Cliff Burton prima del suo ingresso nei Metallica. Anche perché, a causa del loro breve periodo di attività, non è che abbiamo dato molti altri motivi per far parlare di loro. Eppure, anche dopo la separazione dallo storico bassista, i Trauma non se ne sono certo rimasti fermi ad aspettare che la mela cascasse loro in bocca. Il loro album d’esordio, Scratch and Scream, esce comunque nel 1984, appena un anno dopo a quella che viene considerata la data di nascita del thrash metal, ponendo di fatto anche loro nella cerchia dei pionieri del genere.
Poi, però, lo scioglimento appena l’anno seguente pareva averli destinati a venir ricordati solamente come quelli che hanno tenuto Cliff Burton in caldo per i Metallica.
Ma evidentemente a Kriss Gustovson ed al vocalist Donny Hillier non andava di passare alla storia come delle meteore. Così nel 2013, nonostante i ventotto anni di inattività, annunciano il ritorno sulla scena. Purtroppo le avversità sono ancora in agguato: dopo la pubblicazione di due album nel 2020 Donny Hillier muore per una malattia, privando la band di un altro membro storico.
Il timone resta così nelle mani del batterista Kriss Gustovson il quale, evidentemente, non ha nessuna intenzione di mollare tutto di nuovo. Ed una volta reclutato l’ex cantante dei Vicious Rumors, Brian Allen, il combo di San Francisco torna nuovamente in carreggiata.
La seconda ripartenza avviene così nel 2022 con il nuovo album Awakening. Un titolo che vuole segnare il risveglio dopo un periodo funestato dalla morte di Hillier e dai due anni di pandemia di Covid19.
Stando alle note che accompagnano quest’uscita, proprio questi due eventi paiono aver influito sulla stesura del nuovo disco. Come da ammissione degli stessi Trauma, Awakening sfoggia una vena molto più pesante rispetto al precedente As The World Dies. Pesantezza che viene subito evidenziata nella prima traccia Walk Away. Il brano è una mazzata di thrash metal, dove tra la batteria fulminea e riff affilati come lame si mette subito in luce il nuovo singer Brian Allen. Rispetto al suo compianto predecessore, Allen sfoggia una voce più ruvida, paragonabile ad ugole come quelle di Steve Souza e Marcel Schirmer. Oltre alla furia cieca nel brano trova spazio anche la melodia, sia nel ritornello, quanto nel passaggio acustico simil-flamengo prima del fulmineo assolo di chitarra. Ritmiche schiaccia ossa anche con Death Of The Angel, un’altra sfuriata thrash che travolge l’ascoltatore con l’irruenza di una locomotiva. The Meat presenta un tiro un po’ più moderno che a tratti fa rammentare qualcosa di vicino ai Murderdolls e Wednesday 13. Particolarmente riuscita poi Falling Down, dove si alternano riff corposi e parti più ragionate a cui si aggiungono alcune accelerazioni fulminanti.
Il livello qualitativo resta buono anche con The River Red, un mid tempo che ci cade addosso imponente come un macigno.
Non passa inosservata una certa freschezza e affiatamento fra i musicisti che lascia piacevolmente colpiti. D’altronde, dopo oltre vent’anni di silenzio, Kriss Gustovson doveva presentarsi con una squadra che fosse di un certo spessore. La nuova formazione così, oltre al già citato vocalist, vede alle chitarre la coppia d’asce formata da Steve Robello e Joe Fraulob, mentre al basso troviamo Greg Christian, quest’ultimo già noto a molti per essersi distinto in passato con i Testament.
Si ritorna a correre sui sentieri più aggressivi con la micidiale Burn. A seguito Blind, pezzo aspro con ritornelli incisivi e la voce arcigna di Allen che gronda malignità. La violenza delle canzoni comunque non è mai fine a se stessa, infatti nei brani non manca quel pizzico di melodia sia nelle parti vocali quanto nei riff e negli assoli. La produzione poi dà al prodotto un tiro moderno, ma nonostante ciò i Trauma restano nei loro canoni suonando essenzialmente un roccioso Thrash/Power vecchia scuola. Al contrario sarebbe stato insensato, per dei thrasher della primissima ora come loro, perdersi nel scimmiottare le mode del momento nella speranza di mendicare qualche fans in più fra le nuove generazioni. Arriva così il turno di End Of Everything, ed ancora Voodoo, che dopo un’intro tribale si rivela in tutta la sua ruvidezza. Ultimo colpo letale di Awakening viene affidato alla carica dirompente Death Machine che sigla la chiusura di questo lavoro in studio.
Veramente un buon colpo quello piazzato dai Trauma con Awakening. Un prodotto con cui dimostrano di avere ancora qualcosa da dire, smentendo chi vedeva nella loro reunion solo un nostalgico tentativo di raschiare il fondo del barile. Ovviamente Kriss Gustovson e soci sanno bene che ormai il grosso della torta è già stato spartito anni fa e per loro sono rimaste solo poche briciole. Questo disco quindi non li porterà certamente a guadagnare il successo planetario di nomi grossi come i Metallica (ma guarda un po’, ancora loro…) però può permettere loro di togliersi ancora qualche soddisfazione.
Se non altro perché i lavori recenti dei Four Horseman hanno indubbiamente diviso pubblico e critica. Un disco come Awakening invece potrebbe facilmente mettere d’accordo tutti quanti.