Recensione: Back in black
Spesso e’ difficile trovare una demarcazione tra l’Hard Rock duro ed il Metal inteso nelle sue origini in quanto le due cose tendono a coincidere. Un esempio azzeccato di questa difficoltà sono gli AC/DC i quali dimostrano la rabbia e la potenza dell’heavy metal su delle basi blues (tipiche dell’hard/rock).
Questo gruppo australiano iniziò a far parlare di se nel 74 e la sua popolarità crebbe di anno in anno grazie a due forti personalità quale il chitarrista Angus Young ed il cantante Bon Scott. Nell’80 gli AC/DC facevano bella mostra di loro nelle charts di svariati paesi e toccavano il gradino più alto del loro successo raggiunto fino ad allora con alle spalle 4 album ed un glorioso live. Proprio nel febbraio di quest’anno Bon fu ritrovato morto nell’auto di un amico per abuso di alcolici; il gruppo, dopo 2 mesi di riflessioni, decise di continuare a far vivere la macchina AC/DC ingaggiando il singer preferito di Bon: Brian Johnson. In breve tempo fu preparato un nuovo album che, con la sua copertina nera in segno di lutto, può essere considerato come un grandioso tributo all’amico scomparso.
E’ vero, nella loro carriera spesso troviamo canzoni molto simili alle altre e i vari album propongono sempre le stesse trame ma gli AC/DC sono questo ed alla gente piacciono così. “Back in black” è un album che da solo riassume tutto quello che ha proposto e propone tutt’ora questa band : una musica potente nella sua semplicità armonica dove le chitarre sono le vere protagoniste, trascinante, rockeggiante, graffiante nel cantato e memorabile nelle melodie. Durante l’ascolto di quest’album ci si rende conto di come sia impossibile riamenere fermi e spesso i motivi sono di quelli che ci rimangono in testa per ore. Nell’album non ci sono cadute di tono e quel che più mi stupisce è come si senta sempre una certa “tensione” che impedisce di perdere attenzione ed interesse col susseguersi dei brani .
L’album inizia con Hells Bells, il pezzo che più di tutti gli altri sembra scritto in memoria di Bon. Una campana scandisce un ritmo lento sul quale le chitarre montano azzeccatissimi riff sempre in crescendo. Canzone di grande intensità dai toni cupi, quasi infernali, sorprendente per la sua maestosità dove il nuovo arrivato Johnson si dimostra in piena forma con il suo grintosissimo cantato. Come in molti altri casi alcuni critici non si fecero scappare l’occasione per accusare il gruppo di “satanismo” additando al testo della canzone. Forse il brano che più si discosta dai rigidi canoni del rock proposto dalla band in questo album. Shoot to thrill è il classico brano AC/DC con il suo irrefrenabile ritmo e con le chitarre incalzanti nei veloci riff che celebrano un vera e propria festa di melodia, potenza, tecnica e rabbia. Per What do you do for money honey vale lo stesso discorso fatto per la precedente canzone ma quello che più colpisce è la bellezza della parte corale, una vera e propria canzone da stadio accompagnata da secchi riff usando all’esasperazione la tecnica dello staccatto; grande finale con tanto di acuto di Brian ed assolo blues. Given the dog a bone, altro mega ritornello dove la voce duetta con il coro quasi fosse una sfida. Accompagnamento chitarristico degno di essere considerato il più trascinante dell’album sopra al quale Angus crea assoli (guarda a caso blues!) degni del grande B.B.King (!!!!); finale più che mai sconvolgente, sembra di assistere ad un live! Ora passiamo a Let me put my love into you, canzone lenta che ricorda Hells Bells nei lunghi riff in crescendo che per qualche istante cambiano inquadratura ritmica e armonica facendo sentire cosa gli AC/DC hanno di hard-rock. Un assolo che ci accompagna per tutta l’ultima strofa è la degna conclusione di questo classico. Eccoci giunti alla title-track Back in Black, una delle canzoni più celebri dell’album e che ha più di un riferimento a Bon. L’inizio chitarristico staccatto, un ritmo quasi da marcia, uno dei più grandi assoli mai fatti da Angus e la voce di Brian sono gli ingredienti giusti per una title-track. Ma non è finita qui, all’improvviso veniamo catapultati in un vertiginoso cambio di ritmo a cui seguirà una altro breve assolo. You shook me all night long è forse la canzone più commerciale grazie al suo famosissimo chorus (anche se secondo me quello di What do you do for maney honey è di altra caratura). Una canzone che nulla aggiunge al resto dell’album se non un altro celebre assolo ed un finale che ci tiene sospesi fino alla sua fine. Have a drink on me va considerata come una delle canzoni che avrebbero meritato di avere più successo. Il punto di forza non è tanto il chorus ma le strofe intermedie che sono una vera chicca hard, penso di avere sentito raramente in altre canzoni delle parti cantate così azzeccate. Guarda a caso ci ritroviamo davanti ad un altro finale da pelle d’oca, pare proprio che questa sia una grande specialità degli AC/DC. E’ la batteria a scandire con prepotenza l’inizio di Shake a leg. Brian ci da il benvenuto con alcuni versi iniziali in quello che sa tanto di un inno al rock n’ roll grazie ai riff che in molti momenti si rifanno a canoni sessanteggianti. Degno di nota l’assolo di Angus. Rock n’ roll ain’t noise pollution è la terza canzone dell’album dal ritmo volutamente lento e pesante. L’inizio chitarristico leggero dai toni blandi sembra quasi un saluto malinconico, con l’inizio della parte cantata invece i riff diventano più decisi ed hard pur rimanendo la parte ritmica molto tranquilla. Il chorus è tipico degli AC/DC come ne abbiamo già sentiti molti in questo album ma la canzone si rivelerà un inno al rock n’roll grazie anche ai rimarcati toni blues.
Gli AC/DC hann fatto proprio centro proponendo un album campione di vendite a livello mondiale ( più di 16.000.000 di copie!!!!) e che ha dimostrato che il rock poteva ancora dirla lunga in un periodo dove la commercialità era già la base delle tendenze musicali. Imitato all’esasperazione questo album ha contribuito a dare gas alla scena heavy che in questo periodo doveva dare prova di essere (come le premesse fecero attendere) un vero colosso musicale. Back in black pur essendo un album inedito racchiude in se tutto ciò che sono gli AC/DC e questo dovrebbe bastare per convincere tutti ad averne una copia.