Recensione: Back To Attack
Curioso modo di concludere la propria carriera quello scelto dai Majesty.
Ultimo show e addio alle scene esattamente lo stesso giorno dell’uscita del nuovo album “Back to Attack”. Sin dal titolo, un cd che lasciava presagire una rinnovata e pugnace verve dopo il forzato periodo di stop pandemico.
I motivi dell’inatteso split, onestamente, non li conosciamo. Certo è che, dopo più di venti anni ed una decina di dischi prodotti, la posizione della band tedesca poteva dirsi consolidata. Ed i risultati, come ascoltabile anche in questo nuovo full, per nulla malvagi.
Insomma, in mezzo ai tanti fautori dell’heavy power tendente all’epico, ci potevano pure stare e magari proseguire ancora un po’, cogliendo qualche soddisfazione in più.
La mescolanza fatta di epic metal un po’ Manowariano, ritmiche power vicine agli Hammerfall, tirate battagliere assimilabili ai Running Wild, senza farsi mancare riferimenti a Blind Guardian e Sabaton, anche se priva di ogni originalità aveva funzionato sempre bene. E si ascoltava volentieri.
Tant’è che anche i pezzi presenti in “Back to Attack” corroborano l’idea di un gruppo decisamente in grado di reggere il confronto con molti paladini del True Metal. Chitarre fiammeggianti, una bella sezione ritmica e gli immancabili cori sono le fondamenta di tracce a volte persino brillanti, come dimostra, ad esempio, l’accoppiata “Never Kneel” e “Freedom Child“.
Con un volume sostenuto e senza pretendere di ascoltare chissà quale capolavoro, la resa è garantita.
Ovviamente, come già suggerito, non c’è nulla di nuovo in quello che propone il gruppo guidato dal leader Tarek Maghary. In fondo, non c’è mai stato nemmeno in precedenza. Ma forse proprio questa è da sempre la loro forza, il saper seguire un copione già interpretato molte volte, consegnando agli ascoltatori quella linearità che rende la musica subito familiare e gradita.
I Majesty sono comunque ottimi musicisti, rodati da una notevole esperienza e perfettamente in grado di dare forma ad una serie di brani composti e suonati con discreto gusto. Dove non c’è la novità, si sopperisce con la destrezza strumentale, arricchendo con assolo, buone linee melodiche e prestazioni di livello un canovaccio noto ma sempre piacevole da ascoltare.
L’ultimo capitolo in carriera dei Majesty è tutto sommato un modo onesto per dire addio ai propri fan. Coerente e fedele in tutto e per tutto alla linea perseguita con dedizione per anni. Senza dubbio infarcito di parecchi cliché e luoghi comuni, ma sempre integerrimo e mai troppo inflazionato da inconsistenti banalità e frivolezze.
Insomma, un buon disco, degno dello slogan “Keep it True” che sin dall’origine accompagna Maghary e la sua band.
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