Recensione: Back To Haunt
Ci sono voluti ben ventitré anni – tanto è intercorso dal valido “Nothing Lasts Forever” (1993) fino ad oggi – affinché gli svizzeri Poltergeist tornassero agli onori della cronaca. Un gruppo che storicamente non si sarà guadagnato il diritto di entrare nel pantheon delle divinità metalliche elvetiche, al fianco di band come Celtic Frost o Coroner, che tuttavia avrebbe meritato senz’altro più fortuna e riconoscimento. Conosciuti più per la militanza di André Grieder nei Destruction di “Cracked Brain” (1990), probabilmente, invece che per il loro thrash tecnico molto variegato nel quale facevano bella mostra di sé soluzioni melodiche intelligenti, mai smielate o ruffiane. Ma il mercato, si sa, è talvolta capriccioso e ingiusto. E d’altra parte i Poltergeist non si sono mai prestati a strizzare l’occhio alle proposte che in quegli anni andavano per la maggiore, come hanno fatto molti gruppi loro contemporanei, per volere o necessità di sopravvivenza. Da qui la sofferta decisione di sciogliere il gruppo per battere altre strade. Almeno fino ad un paio di anni fa, quando i Nostri sono tornati a calcare i palchi europei , preludio alla presente quarta uscita discografica “Back To Haunt”.
Rinnovati nella forma, ma non nella sostanza, i Poltergeist sono tornati per infestarci potendo ancora contare sui due elementi portanti: V.O. Pulver, indiscusso leader e principale compositore della band, alla chitarra e lo stesso Grieder alla voce. Cambia, invece, la sezione ritmica con l’innesto dell’esperto Sven Vormann (ex-Destruction) alla batteria e di Ralf Winzer Garcia (anch’esso attivo su più fronti) al basso. Si segnala, infine, l’innesto di una seconda chitarra, passando così dalla consolidata formazione a quattro ad una a cinque elementi, con l’ingresso di Chasper Wanner.
“Back To Haunt” si apre con un trittico da knock-out formato dalla title-track, “Gone And Forgotten” e “Patterns In The Sky”. Tanto che, se tutto l’album si fosse mantenuto su questi standard probabilmente grideremmo al miracolo. In esse ritroviamo tutti gli elementi che tanto ci avevano fatto apprezzare le prime tre release della band: potenza, melodia, velocità, assoli da cardiopalma e la giusta dose di tecnica asservita alle composizioni. Ottima la prestazione di Vormann dietro alle pelli, ma del resto era preventivabile, e positivo l’impatto di Winzer Garcia. Anche se, rispetto a come ci avevano abituato in passato i Poltergeist, il suo contributo va un po’ ricercato andando a modificare l’equalizzazione. Soffermandoci su Grieder si nota che ha perso un po’ di smalto per quanto riguarda il cantato pulito, ma non la sua capacità di creare linee vocali catchy, come nel caso di “Flee From Today”. La sua voce si è fatta più roca e su un brano più riffeggiato come “And So It Has Begun”, dall’eccellente incipit, finisce quasi per assomigliare all’inconfondibile timbro sporco di Zetro Sousa. Ma sono paragoni che lasciano il tempo che trovano, atti solo a fornire un’indicazione e niente più. L’album poi qua e là soffre di qualche calo d’ispirazione, più che compositivo, ma la qualità media è sempre più che accettabile. Si segnalano in positivo anche “Shell Beach” (tra gli highlight del disco), dal frenetico riffing intricato e multiforme, e la mini suite finale “Beyond The Realms Of Time”, che alterna momenti di quiete serafica alle classiche sfuriate thrash, passando per segmenti solenni dal tono epico. Tutto sommato, apprezzabile anche la bonus track “A Distant Knowledge”. Un brano con una linea vocale un po’ forzata sulla strofa, ma azzeccato sia nel ritornello sia nell’assolo di chitarra.
In conclusione “Back To Haunt” è complessivamente un buon disco. Certo, se non conoscete i Poltergeist il consiglio è quello di andare a recuperare innanzitutto i primi tre dischi della band. Ed è probabile che prima o poi tornerete a concedere una chance al loro ultimo lavoro, mossi da curiosità, dato che l’album non si può ascrivere alla lunga schiera di mere operazioni per nostalgici. A chi già conosce il quintetto elvetico farà senz’altro piacere sentire del nuovo materiale e troverà pane per i propri denti. Un’uscita che, seppur stilisticamente differente (rimanendo però all’interno del thrash tecnico), ricorda molto il comeback degli Artillery nel 1999 con “B.A.C.K.”, suscitando a grandi linee le medesime emozioni e aspettative.
Insomma, bentornati Poltergeist!