Recensione: Back To The Roots
Sebastiano Conti è un chitarrista e compositore siciliano che con il progetto Bastian è riuscito a dar libero sfogo alla sua passione per l’hard rock coinvolgendo personaggi ben noti della scena internazionale. Nel suo breve arco di tempo produttivo ha messo sul mercato già due dischi, Among My Giants e Rock On Dedalus, dove Conti ha avuto a disposizione i talenti di Micheal Vescera, Mark Boals, John Macaluso, Vinny Appice, Thomas Lang, e quest’anno si è riproposto con questo nuovo Back To The Roots.
Se già nei lavori precedenti la qualità era più che buona, qui probabilmente il livello si alza e i Bastian imboccano la via giusta per diventare protagonisti nella scena di settore italiana, e visto l’appeal dato dagli ospiti coinvolti, magari puntare verso l’internazionalità. Confermato dietro le pelli il veterano Vinny Appice (Black Sabbath, Dio, e una miriade di altre collaborazioni), al basso l’ottimo Corrado Giardina, e chiamato al microfono l’immenso Apollo Papathanasio (Firewind, Spiritual Beggars), Back To The Roots ci offre un trascinante hard rock di stampo ottantiano che occhieggia ai Black Sabbath e ai Rainbow, con una velatura di blues risalente all’eredità dei Led Zeppelin, e altri appigli sparsi nelle leggende del rock.
Goodbye to My Room apre il disco in modo dirompente, con la batteria micidiale di Vinny Appice a colpire duro, la chitarra di Conti ben a fuoco, e Apollo che si erge subito a protagonista grazie alla sua ugola grintosa e calda, con una prestazione impeccabile che durerà per tutta la tracklist. Il successivo mid-tempo Midsummer’s Night Dream offre un saporito rimando a Gutter Ballet dei Savatage almeno per quel che riguarda il refrain. Groove di impatto, riff calzanti a assoli di classe sono gli elementi essenziali che troviamo nei solchi delle tracce presentate, che sembrano condurre l’ascoltatore in un ideale viaggio a spasso nella storia del rock, alle radici per l’appunto.
The Kite rende omaggio agli Whitesnake in virtù dei ricami di hammond e della voce Coverdaliana di Papathanasio, che in certe sonorità ci sguazza che è un piacere. C’è poi la ballad Jasmine & Sebastien, leggera e favolistica che non rinuncia a portare un messaggio di pace in tempi dove ce n’è tremendamente bisogno. Moth Woman riprende il discorso hard rock classico in maniera coinvolgente (c’è molto dei Deep Purple in questo caso) con cori accattivanti.
Tracce funky in Warrior Friend, dove Conti conferma di essere particolarmente ispirato e maturato nella gestione del gusto e della tecnica alla sei corde. Le pennate di assoli alternati al refrain di Apollo sono davvero efficaci, e poi c’è sempre l’hammond in sottofondo a donare quel sapore vintage che sembra davvero provenire dalla decade settantiana. Dreamer si apre acustica per poi sfociare in un rock robusto e incalzante, con il vocalist greco a offrire il top della sua performance (il greco decisamente non si è limitato a timbrare il cartellino) e la chitarra del mastermind scintillante.
Back To The Roots prosegue il suo percorso senza cedimenti fino alla sua conclusione, attraverso altre tracce che sono puro hard rock alternante ritmi trascinanti a parti più atmosferiche, sfociando nella riproposizione di Jasmine & Sebastien stavolta in un duetto con la brava Tracy Amos.
In conclusione, i Bastian di Sebastiano Conti con il terzo disco sembrano aver raggiunto una maturazione artistica importante e si spera decisiva, nella speranza che possano godere anche in futuro di una voce spettacolare come quella di Papathanasio. Back To The Roots è consigliato ampiamente a chi vive di pane e Rainbow, R.J.Dio, Black Sabbath anni ‘80, Whitesnake, i numi tutelari che resteranno sempre in prima fila sull’altare della storia hard rock.