Recensione: Backroads To Byzantium
Irlandesi di nascita ed ora arrivati al quarto disco, i Glyder sembrano essere sbucati da una fumosa era a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Figli di Thin Lizzy, Blue Oyster Cult, ma anche di Boston, Y&T e compagnia melodica, i cinque mettono in piedi un album che gioca con sonorità hard rock, ma che riesce anche ad accarezzare nel momento in cui i tempi vengono rallentati.
Nati nel 2004, si diceva, ed autori finora di tre lavori dall’altalenante qualità, i Nostri arrivano al secondo disco sotto SPV e, duole dirlo, ma non riescono a centrare l’obiettivo. Se l’omonimo Glyder ed il successivo Playground For Life erano album di qualità non certo eccelsa, ma sufficiente a far intravedere un potenziale futuro per la band, il successivo Yesterday, Today And Tomorrow ed il presente Backroads To Byzantium non riescono a scuotere a dovere. La causa, almeno per il disco preso in analisi in questa sede, non è tanto da ricercare in un songwriting poco ispirato, quanto nella mancata incisività fornita da un sound poco graffiante.
Procedendo con ordine, all’interno della tracklist si possono trovare certamente episodi ispirati (Don’t Make Their Mistake, Something She Knows), ma purtroppo quelli che funzionano meno sono ben di più come testimoniano brani quali Long Gone, Even if I Don’t Know Where I’m Gone Go piuttosto che End Of The Line. Se la voce in primo piano risulta carezzevole e ben dotata, lo stesso non si può dire per le chitarre che, relegate in secondo piano, svolgono un compito quasi riempitivo fino quasi a scomparire sovrastate dal resto. Visto in un contesto AOR tale scelta ha senso, ma in realtà i Glyder giocano a fare i duri con riff che vorrebbero essere di scuola hard rock, ma purtroppo vengono puntualmente smorzati da un impatto assolutamente privo di consistenza.
Non è un caso che i brani più riusciti siano quelli in cui prevale il gusto per la melodia facile ed il filone seguito è quello dell’AOR primordiale di casa Boston o Chicago dove la voce di Jackie Robinson può dare il meglio di sé. Un’ugola così pregiata come la sua si presta moltissimo a cantare su canzoni che prevedono linee vocali più soffuse e meno sporche e, in effetti, nel brano conclusivo dal titolo Motions Of Time si può assistere ad una sua prova veramente stellare.
Sostanzialmente i Glyder hanno optato per un sound che puzza di compromesso lontano un miglio. Se da un lato non vogliono allontanarsi dall’hard rock, dall’altro vogliono cercare di suonare molto più AOR e, per quanto spregevole sia il termine, “commerciali”. Il risultato è Backroads To Byzantium, un disco che si pone da tramite fra le due correnti non riuscendo, però, a prendere le parti migliori di entrambe, ma chiamando in causa soltanto alcuni cliché e mescolarli in una proposta che non riesce a prendere una direzione ben precisa.
Andrea Rodella
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Tracklist
1 – Chronicled Deceit
2 – Long Gone
3 – Fade To Dust
4 – Even If I don’t Know Where I’m Gone Go
5 – Don’t Make Their Mistake
6 – Down & Out
7 – Something She Knows
8 – Two Wrongs
9 – End Of The Line
10 – Motions On Time
Lineup
Jackie Robinson – Vocals
Bat Kinane – Guitars and Backing Vocals
Pete Fisher – Guitars
Graham McClatchie – Bass
Des McEvoy – Drums