Recensione: Bad desire
Siamo nel 1990, siamo all’apice del movimento heavy metal, movimento che purtroppo nei due anni seguenti subirà un veloce ed inesorabile declino ad opera del grunge e “diavolerie” varie…. questo declino porterà con sé moltissime valide band, in primis quelle che avevano molti problemi a farsi conoscere al grande pubblico. In questo caso, il paese d’origine.
Il gruppo in questione appartiene di diritto per quanto ci ha fatto ascoltare nei demos e in questo vinile, all’elite dei gruppi italiani dell’epoca.
Devo ammettere che 7 anni fa mi imbattei in questo disco quasi per caso, stavo rovistando nello scaffale dei dischi a 3000 £ e nella sezione dedicata all’hard & heavy e fui colpito subito dalla copertina… una chitarra che faceva da “attaccapanni” a un reggiseno… poi il titolo “bad desire”… Girando la copertina non potei che notare subito un nome familiare, Ed D’amico, che i più anzianotti di voi ricorderanno quale writer di Metal Shock. Oltre tutto nei tnx apparivano altri nomi illustri come gli stramitici Royal Air Force!!!
Aprendolo rimasi subito a bocca aperta: oltre al disco c’erano anche due adesivi, una biografia del gruppo e la richiesta di distribuzione del gruppo alla contempo records di Firenze…
Nella biografia appare subito chiaro l’intento del gruppo lecchese: cercare di piacere anche al difuori del cerchio stretto dei metallari restando fedeli però ai canoni tipici che il genere richiede. Purtroppo, a differenza di oggi, 12 anni fa per i gruppi italiani era “appena” difficile varcare i confini nazionali… E pensare che oggi oltre ai buoni gruppi stiamo iniziando ad esportare le prime schifezze!!!
Per la recensione del disco userò le parole scritte dal gruppo all’epoca, parole che fanno capire cosa vuol dire avere un genere musicale dentro al cuore….
“…..il disco contine oltre ad una scherzosa versione “da osteria” di un tradizionale canto popolare dialettale lombardo, 9 pezzi, vari per stile musicale (tutti di grande class & speed metal, aggiungo io!), che trattano diverse tematiche, connesse alla vita e all’esperienza quotidiana: la sofferenza d’amore (“don’t break my heart again”); il sesso, non senza ironia(“symbol of my sex”, “turn off the light”); l’insifferenza verso certe imposizioni della società (“fighting to survive”); la movimentata vita notturna in una grande città (“nightheart”);la falsità ed ipocrisia di alcuni (“snake eyes”); lo scetticismo di fronte ai propositi di pace di certi potenti della terra, unito alla consapevolezza che per la apce tutti dobbiamo impegnarci in prima persona (“Final warning”); lo stress della vita (“on the road”, “turnin’ wheels”); il dolore ed il senso di solitudine dalla perdita di una persona cara (“one last time”).
So che sarà per molti di voi un’impresa ardua, ma se a una qualsiasi mostra del disco vi imbatterete in questo vecchio ma incredibile vinile di un gruppo immenso chiamato AXTON, non indugiate, e preferitelo a tutti i vari dischetti di gruppi anche italiani, che al giorno d’oggi profetizzano con una tonnellata di ipocrisia il verbo dell’heavy metal… date retta, c’è più metallo in un disco comequesto che in intere discografie di gruppi che trattano un unico tema: spade e dragoni!!!
Lato A:
Symbol of my sex
Don’t break my heart
Fighting to survive
Turn off the light
Final warning
Lato B:
Turnin’ wheels
Nightheart
Blond woman
Snake eyes
One last time