Recensione: Bad Habit Romance
A sentirli suonare, sarebbe facile essere tratti in inganno.
Uno dei tipici prodotti della Los Angeles dei bei tempi, la classica band cresciuta sulle assi del palco del leggendario Whisky a Go Go di Hollywood nei dorati e grandiosi anni ottanta.
Chitarre ruggenti, vocals ruvide, aria “alcolica” e quello stile inconfondibilmente glam divenuto, negli anni, marchio di fabbrica.
Americani insomma. O forse tutt’al più, inglesi migrati in cerca di successo.
Macché. Ormai il Sunset Strip per qualche strana ragione, ha deciso di trasferirsi definitivamente nelle zone meno torride del pianeta, prendendo domicilio nella fredda Scandinavia.
Anche gli Innocent Rosie, infatti, sventolano un passaporto svedese e vanno ad aggiungersi alla lunghissima schiera di novità eruttate da quelle terre, confermando un trend divenuto certezza.
Una certezza che, oltretutto, seguita a ribadirsi anche in termini di valore e merito, piazzandoci sotto il naso un’altra proposta capace di far drizzare le proverbiali antenne e meritare tutta l’attenzione degli aficionados.
Certo, lo stile è sempre il medesimo. Chiaro, le invenzioni e l’originalità, sono patrimonio alieno al genere abbracciato in questo debut album dal quartetto di Göteborg.
Ma va da se, come detto tante volte, quando i suoni sono ottimi, la musica trascina e soprattutto le canzoni riescono nell’intento di divertire, non c’è proprio nessun motivo per lamentarsi più di tanto.
Ecco allora pronto, per la gioia dei tanti glamsters ed amanti dell’hard rock, un disco in cui le sorprese non sono moltissime, ma in cui la sostanza non tarda a manifestarsi e si mostra prodiga di discrete soddisfazioni.
Facile a questo punto, tirare in ballo i soliti Motley Crue, Poison ed L.A. Guns per definire le ipotetiche muse che animano il songwriting di “Bad Habit Romance”.
È evidente, ci sono anche loro. Ma ai più esperti dopo qualche nota, non tarderà ad arrivare alle orecchie l’assonanza con un’altra band attiva in quegli anni, altrettanto valida seppur molto meno prolifica e baciata da fortuna assai minore.
I Jetboy di Mickey Finn e Fernie Rod, potrebbero, in effetti, porsi come termine di paragone davvero calzante per gli Innocent Rosie, assieme però, ad uno dei pochi gruppi emersi dal nord Europa in ambito hard, durante quegli anni. i D.A.D. dei grandi “Riskin At All” e “No Fuel Left For The Pilgrims”.
Il paragone nasce immediato essenzialmente da un paio di brani come “Shine, Shine, Shine” (chi si ricorda “Day Of Wrong Moves”?) e “Let A Memory Die”, ottimi esempi della bontà di un disco che scivola via in scioltezza e lascia piacevoli memorie.
Più aggressive e quadrate le salaci “Knock Me Out”, “Bad Habit Romance”, “I’m A Vibe” e “I’ll Get Rich”, sono glam infuocato all’ennesima potenza, mentre le cadenze scherzose di “Sextalkin’” e “Wasteland” non fanno altro che riportare alla memoria il glorioso Sunset Boulevard e tutto il colore ed il divertimento che ne animavano le notti bollenti.
Non mancano poi, alcuni tocchi di classe a livello strumentale, a testimonianza delle doti tecniche non certo precarie (ascoltare l’inciso dell’iniziale “Bitter Cocktail” per credere) ed alcuni accenni country-western (armoniche, pianoforti, banjo disseminati qua e la) che ben si adattano all’immagine “ribelle” ed indomabile della band svedese.
Ancora una sorpresa dal nord insomma. Ancora una nuova realtà che ci sa fare, dimostra d’aver imparato a memoria il manuale del perfetto rocker e di essere pronta a convincere nel breve volgere di un paio di canzoni tutti gli amanti del genere.
Che dire di più quindi?
Semplice. Se piace e diverte, acchiappare senza troppi ripensamenti!
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Tracklist:
01. Bitter Cocktail
02. Knock Me Out
03. Animal
04. Let A Memory Die
05. Bad Habit Romance
06. Sextalking’
07. I’m A Vibe
08. Wasteland
09. Shine,Shine,Shine
10. Do’t Drag Me Down
11. I’ll Get Rich
12. Left Alone
Line Up:
Oscar Kaleva – Voce
Olof Oljelund – Basso
Benjamin Boräng – Batteria
Joel Eliasson – Chitarra