Recensione: Bad Intent

Di Alessandro Calvi - 27 Giugno 2005 - 0:00
Bad Intent
Band: OperaNoire
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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65

Il primo nucleo degli OperaNoire si compone nel 2002 quando il gruppo è ancora dedito a uno spettacolo basato su cover in versione acustica. Ben presto però viene a comporsi l’attuale line-up e così come i brani acustici vengono poco a poco soppiantati da tastiere, chitarre e batteria, così le cover vengono lasciate da parte in virtù di brani propri.
È poi storia recente la realizzazione di questo disco di esordio praticamente autoprodotto. Nove tracce originali, e una cover, scritte praticamente negli ultimi tre anni e destinate a mostrare al pubblico le capacità di questa band.

L’album si apre con “Never and Ever”, forse una delle canzoni più interessanti del lotto, traccia che è possibile ritrovare sul cd anche nella versione editata e accorciata per la radio. Il gruppo si presenta come “consigliato” agli amanti di Him, il che dovrebbe far presumere una proposta musicale instradata verso il cosiddetto “love metal”. In effetti io di Him in questo album non ci ho trovato moltissimo, al contrario per fortuna i brani mi sono sembrati decisamente più incisivi e aggressivi, anche se al contempo malinconici, al punto da riportarmi alla mente maggiormente un gruppo come i Sentenced nel periodo appena prima di “Frozen”.
La voce di William, molto profonda e decisamente azzeccata nel contesto in cui è iscritta, ricorda alcune cose dei My Dying Bride. Mentre per l’appunto strumentalmente troviamo passaggi tastieristici più o meno gothic e si spazia da alcuni riff di genere rock, ad altri momenti in cui l’incedere delle canzoni sarebbe più facilmente etichettabile come doom.
Dal punto di vista musicale, affrontando un discorso che abbraccia tutto il cd, direi che potremmo trovarci di fronte a una sorta di “concept album” non ufficializzato. Anche se non viene detto da nessuna parte infatti, le canzoni sembrano scorrere l’una nell’altra, proseguendo seguendo determinate coordinate musicali. I temi musicali non sono diversi da canzone a canzone, ma è come se il disco fosse un’unica canzone spezzettata in vari brani. In questo modo tra l’altro troviamo una cover come quella di “Heroes” di David Bowie perfettamente inserita nel sound del gruppo. Gli OperaNoire hanno optato in questo caso per una quasi totale riscrittura della parte musicale per tenere esclusivamente il testo, in questo modo la traccia fluisce esattamente come le altre l’una nell’altra. Difatti sia il finale della precedente “In the Rain” che l’inizio della seguente “Welcome to the Gate” presentano parte del tema musicale di “Heroes”.
Tutto questo contribuisce sicuramente nella creazione di un sound facilmente distinguibile e riconoscibile. Inoltre permette una omogeneità che a molti album è negata, risultando in alcuni casi quasi dispersiva. Si tratta però di una scelta che naturalmente presenta dei pro e dei contro.
Personalmente il disco mi è piaciuto e non poco, a lungo andare però ho notato in me stesso una certa stanchezza nell’ascolto, giungendo ad ascoltare alla fine quasi solo la prima metà del disco, e un po’ snobbando la seconda, anche se in realtà poi questa prima metà l’ho ascoltata anche con molto gusto. Penso quindi che la scelta degli OperaNoire sia stata decisamente forte, una di quelle decisioni in grado di spezzare abbastanza le opinioni degli ascoltatori tra coloro che li apprezzeranno moltissimo e chi non ne vorrà neanche sentir parlare.

Dal punto di vista della produzione, pur non trovandoci di fronte a una mega-registrazione con super effetti di editing dati da capacità economiche sopra alla media, penso che si sia fatto un lavoro più che discreto. Una certa ruvidezza delle chitarre, voluta o meno che sia, trovo anzi che dia un maggiore impatto al sound della band. Inoltre tutto il lavoro di mixaggio mi pare piuttosto buono e, pur con una notevole preponderanza della voce, sicuramente voluta in questo caso, mi sembra che tutti gli strumenti si sentano discretamente senza nascondersi a vicenda.

Per concludere penso che per essere un album d’esordio, oltretutto praticamente autoprodotto, si tratti di un disco decisamente niente male. La perfezione non è di questa terra, e quindi come un po’ tutto, avrebbe sicuramente bisogno di qualche miglioramento. Gli OperaNoire però mostrano decisamente una interessante attitudine che a mio avviso non andrebbe sottovalutata.

Tracklist:
01 Never & Ever
02 Glitter – Painted Nails
03 In the Rain
04 Heroes
05 Welcome to the Gate
06 So, I Understand
07 No War
08 No One
09 Thrill of Decadence
10 The Fairy Lady
11 Never & Ever (radio edit)

Alex “Engash-Krul” Calvi

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