Recensione: Barricade

Di Andrea Bacigalupo - 10 Ottobre 2018 - 8:30
Barricade
Band: Verni
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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70

Il bassista D.D. Verni è parte integrante e sostanziale del movimento Heavy Metal da quasi quarant’anni, cioè da quando, nel 1980, fondò, insieme a Bobby ‘Blitz’ Ellsworth, gli Overkill, storica Thrash band più viva che mai ancora oggi, con alle spalle ben diciotto album ed una quantità di successi stellare.

Non contento l’artista segue anche un progetto parallelo, i The Bronx Casket Co., con i quali, dal 1998, ha pubblicato quattro album di Gothic Metal, il cui ultimo, dal titolo ‘Antihero’ è uscito nel 2011.

Due band dal sound così diverso denotano una buona versatilità del musicista, che non è limitato all’interno di un solo genere ma tende a ‘spaziare’.

Ulteriore prova è il suo primo platter da solista, dal titolo ‘Barricade’, disponibile dal 12 ottobre 2018 via Mighty Music.

Per lanciarsi in questa avventura il bassista, che nell’album suona anche la chitarra e canta, chiama a sedersi dietro le pelli il suo compagno di squadra Ron Lipnicki, negli Overkill dall’epoca di ‘Immortalis’ (2007). Si affida inoltre ad una serie di amici per le altre parti di chitarra ritmica e, soprattutto, solista: Jeff Loomis degli Arch Enemy, Angus Clark della Trans-Siberian Orchestra, Jeff Waters, leader degli Annihilator, Bruce Franklin dei Trouble, Mike Romeo dei Symphony X, Mike Orlando degli Adrenaline Mob, Steve Leonard degli Almost Queen (band tribute dei Queen) e Andre “Virus” Karkos ex dei Dope.

Con questo numero elevato di artisti D.D. Verni struttura un album basato sulla sua ampia cultura musicale, generando un sound che prende la forza del Thrash, ma non la furia e la cattiveria, e la fonde con l’Hard Rock, l’Heavy Metal e l’Hardcore. Ne risultano tracce molto orecchiabili, divertenti e canterine con un songwriting fresco quanto energico e variabile, da ascoltare con un buon boccale di birra in mano ed in compagnia di amici.

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La voce di D.D. Verni, che negli Overkill si occupa dei cori, a dir la verità non è fantastica, soprattutto per estensione, ma è abbastanza sporca ed irruente per essere adatta ai pezzi suonati.

Sugli altri artisti è inutile esprimersi: provenienti dalle scene più diverse, Thrash, Death, Progressive, Hard Rock, suonano tutti con sviscerale passione e donano al disco il tocco della loro personalità.

L’album parte subito come un treno con ‘Fire Up’, un Rock ‘N’ Roll vivo e veloce ad andamento punkeggiante che mette subito la voglia di saltare.

La seguente ‘Miracle Drug’ tende ancora di più al punk, mischiando il sound di due generazioni: quelle dei Ramones e dei Green Day, con un refrain tutto da cantare. Buono l’assolo in chiave Metal e la successiva sezione di relativa tranquillità, che fa un po’ da nastro trasportatore al finale.

Il terzo brano, ‘Off My Leash’, è più moderno, con un ritmo stoppato ed una buona dinamica, soprattutto quando la potenza aumenta grazie ad una batteria molto pestata. Un improvviso cambio di tempo melodico fa tirare un po’ il fiato prima della ripresa dell’andatura principale.

Si prosegue con ‘(We are) The Broken Ones’, veloce, che unisce i ritmi moderni a quagli degli anni ’70 con un refrain anthemico ed una sezione musicale che ricorda certe composizioni degli Who.

Invece ‘Lost In The Underground’ si divide tra pesantezza ed Hardcore; è il brano meno riuscito dell’album ma si può ascoltare.

Superata la metà del disco si riparte con ‘The Party Of No’, un cupo e potente Metal dotato di un lungo assolo.

La seguente  ‘Night of the Swamp King’ inizia in modo epico, con una narrazione sostenuta da dei tamburi, per addentrarsi nell’oscurità con un sound lento e pesante per poi uscirne trasformandosi in un bel pezzo Heavy Metal.

We Were Young’ è una ballata accompagnata dal pianoforte; molto enfatica riprende le influenze esercitate dai Queen sull’artista.

A differenza ’Slow My Ride’ è un veloce Heavy Metal, striato da venature punk che lo rendono molto canterino.

L’album si conclude con ‘Heaven Calling’, un pezzo lento che cresce e si trasforma in un tempo medio pestato con il refrain anthemico. Il brano è denso di una melodia che richiama il passato e che, anche in questo caso, ricorda quel gran gruppo storico che sono stati i Queen.

Non c’è che dire, con ‘Barricade’ D.D. Verni dimostra di avere una cultura musicale molto aperta e di saper andare oltre il Thrash (cosa che, peraltro, basterebbe, vista l’alta qualità dei prodotti degli Overkill). Riesce, con canzoni all’apparenza semplici ma di buona tessitura, a divertire quasi sicuramente divertendosi. Speriamo in un tour … sarebbe interessante.

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