Recensione: Bat Shit Crazy
Eccezionale, per tutti gli amanti dell’heavy metal, la Nwobhm. Un periodo magico e un movimento legato a quei momenti irripetibile. Situazioni nelle quali si assistette all’esplosione di alcune band e all’oblio di altre, sebbene valenti, in certuni casi. Il Metallo si respirava nell’aria, nella Gran Bretagna di quegli anni, fra la fine dei ’70 e l’inizio del decennio successivo. Nuovi gruppi nascevano in ogni dove, una nazione intera e poi di riflesso tutto il mondo legato alla musica dura era assetato di notizie, demo, uscite ufficiali. Fra le centinaia e centinaia di complessi ve ne fu uno che per vedere un proprio album pubblicato dovette attendere oltre quarant’anni: i Rhabstallion (qui intervista). Incredibile ma vero.
Essi presero vita nella seconda metà degli anni Settanta in quel di Halifax, West Yorkshire, agglomerato urbano posto fra Leeds e Sheffield, durarono sino al 1984 e in quel lasso di tempo pubblicarono solamente demo e singoli. Nel 2018 avvenne l’inaspettato ritorno con una formazione ricalcante gli inizi (Andy Wood – chitarra, voce, Jack Himsworth – batteria, Graham Hooper – basso, David Thompson – chitarra, Stuart Toddington – chitarra) e fanno parte della storia recente le uscite di Back in The Saddle del 2021 ma soprattutto Bat Shit Crazy, il loro secondo full length ufficiale, oggetto della recensione, che segna l’uscita di scena del chitarrista Stuart Toddington.
Il Cd, licenziato sul mercato dalla Golden Core Records, si accompagna a un libretto di sedici pagine con tutti i testi e molte foto della band, dal vivo e in posa. Copertina a cura di Mark Ellis.
Musicalmente, i Rhabstallion non furono mai band da fuoco e fiamme, il loro heavy metal si è sempre collocato a metà fra le spinte più feroci di quel periodo e l’hard rock degli anni ’70, richiamando a tratti Samson, Persian Risk e Praying Mantis. E Bat Shit Crazy rende onore alla tradizione degli uomini dello Yorkshire. Attraverso i cinquantuno minuti di ascolto ricompresi dentro al dischetto ottico ci si può immergere appieno nelle atmosfere più ragionate del periodo Nwobhm, fra afflati tipicamente Rock’N’Roll (“Bat Shit Crazy”, “Better Late Than Never”) e momenti maggiormente rocciosi (“Going Nowhere”, “Sold My Soul”) assaporando la maestria nell’utilizzo di bastone e carota da parte di Andy Wood & Co. In chiusura l’antica “Driving Seat” e la più recente “Stand Up” in versione live.
Welcome back, ‘Stallions!
Stefano “Steven Rich” Ricetti