Recensione: Bats
Non so perché, ma ogni volta che ascolto i Gama Bomb mi vengono in mente i Monty Python. I primi sono una band di Thrash Metal, i secondi sono stati un gruppo comico. Niente di più differente, però, personalmente, vedo in entrambi lo stesso approccio sarcastico e irriverente nell’affrontare tematiche socialmente scomode.
Prendere le cose sul serio, ma non troppo (questa la loro filosofia): esprimere crude critiche sociali utilizzando metafore o analogie dai toni divertenti, non vedere tutto nero per forza e non rinunciare a ridere … un modo più disteso di contestare ma non meno incisivo, come prima di loro hanno insegnato Anthrax e Tankard, che sono riusciti ad andare oltre la vena nera e nichilista del Thrasher canonico dell’epoca, rimanendo comunque belli incazzosi.
‘Bats’ è l’ottavo album della band di Dublino, disponibile dal 10 novembre 2023 via Prosthetic Records.
La loro carriera procede da un po’, i Gama Bomb fanno parte di quell’ondata che, all’inizio del nuovo millennio, ha risollevato le sorti del Thrash Metal ripescando le sonorità primigenie aggiungendo loro qualcosa di personale, come Municipal Waste, Havok, Evile e Toxic Holocaust.
È abbastanza normale che, passati ventun anni, provino qualcosa che non sia il solo “battere e percuotere”. Non troppo però: in ‘Bats’ la spina dorsale è sempre costituita dal loro caratteristico Thrash ipercinetico e prepotente, contiene, però, alcune “sperimentazioni” (tra virgolette perché minime) che, pur non snaturando lo stile della band, ne identificano ancor meglio il carattere spassoso.
‘Egyptron’ ad esempio, brano su un semidio egiziano robotico, è un pezzo velocissimo con un intermezzo che sembra uscire da un film esotico della vecchia Hollywood, con tanto di strofe Rap cantate da Gregory James Broussard, in arte Egyptian Lover, famoso rapper della scena statunitense degli anni ’80 (‘Egypt Egypt’ tra i suoi brani più conosciuti) che, con l’Heavy Metal, non c’entra proprio nulla.
‘Living Dead in Beverly Hills’, altro Thrash al fulmicotone che celebra i film horror del ventesimo secolo, cita brevemente ‘Nell’antro del Re della Montagna’ di Edvard Grieg, facendone uscire inaspettatamente le note dopo un assolo sclerotico.
Con ‘Materialize’ si sale su una giostra impazzita, con il suo riff anticonvenzionale ed il folle refrain, mentre i Gama Bomb si addentrano in territori più classici con ‘Dreamstealer’ e ‘Bats in Your Hair’. In quest’ultima strizzano l’occhio ai sempiterni Judas Priest e poi la concludono con un trascinante assolo di sax ad opera del musicista irlandese Gavin Kerins.
Insomma, un voler uscire dagli schemi rimanendo però sé stessi, imprimendo forza sul loro naturale senso goliardico … non proprio facile però Byrne e Soci ci riescono, aiutati da una voce teatrale e singolare (la meno Thrash tra le voci Thrash ma quella che meglio identifica i Gama Bomb) e da un lavoro di chitarra superlativo.
Non ci sono novità, il sax è già stato usato dai Riot nel 1990 in ‘The Privilege of Power’ ad esempio, e le influenze a volte sono parecchio marcate: gli Anthrax in modo imbarazzante nella già citata ‘Living Dead in Beverly Hills’, in ‘Mask of Anarchy’ ed in ‘Speed Funeral’ ma anche i Metallica in ‘Don’t Get Your Hair Cut’ (brano che prende in giro i metallari ancorati alla NWOBHM, in cui, a volte, personalmente mi ci ritrovo) e poi, qua e là, gli Iron Maiden, i Running Wild, gli Helloween ed anche qualcun altro … ma va bene così, alla fine i Gama Bomb centrano l’obiettivo sfornando un disco potente, divertente e coinvolgente e che mette sereni per poco più di una mezz’ora.
‘Bats’ è stato prodotto, mixato e masterizzato dal chitarrista della band Domo Dixon mentre l’artwork è del famoso designer horror Graham Humphreys (‘A Nightmare On Elm Street’, ‘Evil Dead’, ‘From Dusk Til Dawn’), alla quarta collaborazione con i Gama Bomb.