Recensione: Battlelines
Sgombriamo subito il campo dai dubbi. Il periodo d’oro per i Vega, quello intercorso tra il bellissimo esordio e lo straordinario quarto disco – “Who We Are” – è passato. E probabilmente per ispirazione, divertimento, idee e valori, non tornerà più.
Con buona pace delle tante cassandre che ne avevano cantato anzitempo il “de profundis“, i Vega sono tuttavia ancora credibili. E nonostante qualche recente passaggio a vuoto, ma soprattutto, la perdita di due membri fondamentali come i fratelli Martin, sono ancora in grado di proporre bella musica.
“Battlelines” è l’album numero otto in una storia iniziata una dozzina d’anni fa. Una carriera partita a tutta birra con dischi deliziosi che inevitabilmente, negli ultimi tempi, ha cominciato a mostrare segni di ripetitività e stanchezza.
Normale in fondo, quando si scrive così tanto e si producono album con tale frequenza. Ed in effetti, il precedente “Anarchy and Unity” era sembrato, per la prima volta, adombrare cenni di affaticamento. Una crepa in un muro d’autore, costituita da un disco buono, ma al di sotto delle alte aspettative.
Con assoluta onestà, eravamo pronti a scommettere anche noi che “Battlelines” sarebbe stato un cd transitorio, di assestamento. Utile a far scivolare il nome dei Vega nella routine delle band rispettabili. Di quelle che però hanno ormai detto tutto ciò che potevano dire. E praticamente vivono di “rendita”.
In effetti, nemmeno questo nuovo disco può definirsi un capolavoro. O un ritorno alle antiche ispirazioni di “Who We Are“.
Ma dimostra che qualcosa sotto la cenere arde ancora e lascia il tempo per scolpire buone canzoni. Forse meno immediate, frizzanti e strappaorecchie. Ma comunque “vissute”, credibili e dotate del fascino tipico di Nick Workman e dei Vega.
Laddove “Anarchy & Unity” si esauriva in un battito d’ali, “Battlelines” è un disco che cresce. Si ascolta volentieri più volte e non si esaurisce immediatamente: instilla un po’ di sé ad ogni passaggio. E si rivela fascinoso, ricco di sfumature. Dalla verve del rock-aor facile e radiofonico, all’hard cromato e grintoso, c’è una discreta varietà di sensazioni che meritano di essere scoperte, lasciando loro il giusto spazio.
Evidente: in un periodo mordi e fuggi, il chiedere un po’ di tempo in più per affezionarsi ad un album è materia assai spinosa. Per cui non insisteremo più tanto.
Possiamo parlare però personalmente, assicurando come al sesto, settimo giro nel lettore, canzoni come “Killers“, “Embrace the Grey “, “Into the Fire”, “Not Enough” siano sembrate diverse rispetto al primo contatto. Con buone idee ed accattivanti. Materiale che può servire per considerare i Vega una band con ancora del talento da spendere e qualche prospettiva per gli anni a venire.
“Battlelines” mostra insomma come Workman e Newdeck stiano tentando di cambiare pelle dopo la perdita di due geni del songwritng come i fratelli Martin, mettendo insieme un album che solo qualche filler centrato nel finale limita un po’ nell’esito conclusivo.
Si può fare ancora meglio. Ma nonostante tutto, le nubi si sono diradate e c’è ancora un pezzo di futuro da scoprire…
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