Recensione: Before History
I concept album sono prodotti di un tempo che fu, quando ancora non si producevano dischi superficialmente per vendere qualche singolo su iTunes e fare quante più date possibili dal vivo – nelle quali proporre solo i cavalli di battaglia, peraltro. Quando la musica aveva davvero un senso e i gruppi mettevano anima e cuore anche in studio di registrazione. Stranamente, o per meglio dire per fortuna, però, ogni tanto qualche band tenta ancora di distinguersi dalla massa e quando ciò succede, non si può che esserne contenti.
Questo è un po’ il caso degli Italiani Hybrid Circle, già all’attivo con tre demo e tre album progressive death: “Post Murder Reflections”, “Alien Nation” e l’ultimo uscito nel 2012, “Before History”. Il sestetto composto da Del Prete, Di Cicco, Mitelli, Angelucci e dal 2011 Mathias e Costantino, si sono ispirati a band del calibro dei Death, degli Atheist, degli Opeth e in un qualche maniera anche ai Pestilence, modernizzando il tutto inserendo chiari riferimenti cyber a Messhuggah e Fear Factory. Rispetto a tutti questi grandi nomi, però, è lampante il fatto che al momento non dimostrino il talento per poter competere con certi mostri sacri. Nonostante ciò, riescono a districarsi e a creare qualcosa di valido nella loro ultima fatica, pur non dicendo niente di nuovo e, quindi, non sarebbe giusto trattarli con sufficienza.
Questo “Before History” è un concept album su tematiche horror, quali la creazione di un virus e la successiva necessità di sconfiggerlo attraverso il programma Hybrid Circle (non può non venirci in mente il videogioco Resident Evil). Quest’aspetto ci viene presentato subito nella intro, una canzone lunga più di due minuti e tutta parlata, ahimè, con un accento non perfetto. Le canzoni potremmo definirle quasi monotone, per via di un growl cattivo al punto giusto, ma non necessariamente pulito, a differenza delle band citate sopra e, infatti, non a caso le strofe si perdono. In un album cosi concettuale l’importante, oltre alla melodia, è sopratutto la parte cantata. Se nel libretto non ci fossero state le parole delle canzoni, faticheremmo a comprendere cosa stia dietro al programma Hybrid Circle. Per fortuna, però, una delle due chitarre crea solitamente una melodia progressiva, ben coadiuvata dalla tastiera, altrimenti saremmo al cospetto della monotonia più assillante. Saggio poi l’uso della doppia cassa, mai troppo martellante, ma anche mai assente. Un esempio, che riassume queste caratteristiche positive, può essere “Wisdom Popular”. In questo piacevole ibrido c’è pure spazio per cori di matrice metalcore, come su “Project Bait” e “Cysquare Zero”. Piacevole, infine, la bonus track acustica “Circle” anche se appare un po’ fuori dal contesto.
Dopo l’ascolto, purtroppo, rimane un po’ di amaro in bocca, perché l’idea del concept e certe soluzioni alla sei corde sono senz’altro buone e potevano (e dovevano) essere sviluppate molto meglio. La strada comunque può essere quella buona, tenendo presente che la chitarra melodica potrebbe anche essere alzata a livello di volume, ma non modificata a livello di trame. I temi trattati sono ottimi ma non accompagnati altrettanto bene dal cantato, invero piuttosto anonimo. In questo caso consiglierei di avvicinarsi di più ad un mostro sacro come Chuck Schuldiner che faceva della chiarezza del growl il suo faro. Da migliorare, inoltre, la pronuncia inglese.
Luca Recordati
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Tracklist:
1. Intro
2. Overture 209
3. The Preacher
4. Not Different From Us
5. Plan Cyber VAC
6. Wisdom Popular
7. Team Work
8. Project Bait
9. The Factory
10. Onset
11. Never The Same Again
12. Cysquare Zero
13. Outro
Formazione:
Stefano Angelucci – Voce
Simone Di Cicco – Chitarra, Voce
Alessandro Mitelli – Chitarra
Vittorio Del Prete – Batteria
Matthias – Basso
Giuseppe Costantino – Tastiera, Sintetizzatore