Recensione: Before Plastic
Secondo appuntamento discografico per i Captain Black Beard, band hard rock proveniente dalla Svezia che annovera in line up il cantante e chitarrista Sakaria Bjorklund, Robert Majd al basso, Victor Hogberg alla batteria e Christian Ek alla seconda chitarra.
I quattro sono artefici di un debutto discografico omonimo del 2011 a due anni dalla formazione della band che ha macinato concerti per due 24 mesi prima di approdare al dischetto ottico. Dopo un ottimo riscontro da parte della critica (un famosissimo giornalista inglese lo ha definito album dell’anno), Bjorklund e soci si imbarcano in un tour europeo che li vede headliner al 2012 Summer Nights Rock Fest in terra albionica.
Il 2013 vede i nostri pirati all’arrembaggio dello studio per comporre “Before Plastic”, album edito nel maggio di quest’anno per la Dead End Exit Records.
Esauriti i convenevoli passiamo all’ascolto.
I CBB affidano a “Please Come Home” il compito di aprire questo full length: il brano è un condensato di hard rock anni 80 che paga dazio ai Kiss. Non a caso, il solo di chitarra è ad opera di un ospite illustre: Bruce Kulick.
“Somebody” vira verso un apprezzabilissimo melodic rock che cattura per un chorus assolutamente “catchy” e vede Tommy Denander dare il suo contributo alla solista.
La terza canzone in scaletta è “New York City”: un’immaginaria cavalcata lungo la 5th avenue dal Greenwich Village ad Harlem: un riff arrembante che ci conduce attraverso il cuore della Grande Mela, questa volta 100% CBB.
Per “Bad Girl” è stato realizzato un video che vede la band interpretare “il Quarterback”, “lo Straniero”, “il Furbacchione” e “l’Hip Hopper”; i 4 improbabili personaggi danno vita, per contro, ad un brano melanconico, in cui è ancora “il Bacio” il punto di riferimento (avete presente “Tears Are Falling” ?).
Arriva poi “Music Man” che rispetto a quanto già sentito non aggiunge nulla e scorre senza incidere particolarmente.
Viceversa “Aiming For Love” è un’iniezione di energia che la ciurma di Barbanera indirizza verso sonorità anni 80 con la giusta dose di orecchiabilità (Keel, Helix.Icon). “Keep On Drivin’” miscela hard rock alla Alice Cooper con un sano divertissement da party song e si segnala per la presenza di Mats Karlsson (fondatore dei 220 Volts) alla chitarra.
“Shout” ritrova la partecipazione di Tommy Denander alla solista: il brano è forse il più veloce dell’intero lotto, con il titolo scandito come uno slogan da ripetersi all’infinito.
Decisamente più interessante è “Life’s What You Make It” pezzo che pur variegato, sa di già sentito: a molti non sfuggirà un certo tributo alla coppia Stanley-Simmons (chi ha detto “Love Gun”?).
Stesso dazio viene pagato dalla successiva “Takin’ You Out” che fa il verso a tratti a Joan Jett a tratti ai Free a cui si ispira anche l’assolo in parte psichedelico.
La medesima ispirazione permea pure la conclusiva “Listen Up” più intimista rispetto alla traccia precedente e tratteggiata di spunti blues: con l’ultimo solo da parte di Denander si conclude questa seconda fatica discografica
In ultima analisi un più che discreto album che racchiude soprattutto nella prima metà del lavoro il meglio di sé, con episodi a tratti esaltanti. Purtroppo non mancano momenti meno efficaci nel prosieguo dell’ascolto che disattendono un po’ le premesse.
Un disco insomma piacevole, ma dalla qualità altalenante.
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