Recensione: Before the Sun Sets
Un disco piacevole che mostra maturità nonostante sia un semplice debutto.
Nati dall’unione tra il chitarrista/compositore britannico Neal Austin ed il cantante greco Manos Fatsis (Odyssey Desperado/Hideaway) i City of Lights arrivano al contratto discografico con Frontiers puntando su quelle che sono da sempre le caratteristiche elettive dell’etichetta italiana. Gusto per la melodia e fascino vintage di stampo ottantiano.
Nulla di innovativo: costante ricerca del ritornello con appeal radiofonico, supportato da una buona voce ed un taglio chitarristico esuberante ma mai invadente, funzionale alla riuscita di un disco a cavallo tra Hard rock ed AOR che possa scivolare in modo piacevole dall’inizio alla fine. Contributo notevole alla riuscita finale, arriva pure dalla sezione ritmica presa in prestito dai compagni d’etichetta Degreed: Robin (basso) e Mats Eriksson (batteria).
Una formula non proprio originale che ottiene successo di solito quando alla base c’è un talento di buon spessore. Talento che sembra, in effetti, non difettare ad Austin, musicista sconosciuto che da tuttavia l’impressione di aver assimilato al meglio le regole auree del genere, espresse in un nucleo di brani che pur senza sorprendere i più navigati, riesce nel sempre difficile intento di intrattenere senza disappunti.
Omogeneo e compatto, senza divagazioni da quello che è il canovaccio di partenza, “Before the Sun Sets” sin dal titolo evoca l’immaginario tipico di uno stile musicale dalla profonda radice americana.
Qualche highlight in una prospettiva di diffuso buon livello: “Heart’s on Fire”, “Dying Light“, “Put Your Heart on the Line” e la conclusiva “Before the Sun Sets“, sono i brani ideali per rappresentare un album che anche in un panorama sovraffollato come quello del melodic rock odierno si prende il lusso di avere qualcosa da dire.