Recensione: Begins with a nightmare

Di Eugenio Giordano - 3 Luglio 2003 - 0:00
Begins with a nightmare
Band: Savage Steel
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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85

La storia travagliata di questi canadesi, provenienti da Mississauga nello stato dell’Ontario, si intreccia con l’evoluzione del metal americano degli anni ottanta grazie alla pubblicazione di due platter dimenticati ormai nei meandri del tempo e dell’oblio musicale. I Savage Steel esordiscono nel 1987 con questo “begins with a nightmare” che doveva essere pubblicato dalla Morgan La Fey Records, una filiale della BMI, per una serie di beghe legali e per la difficolatà di promuovere il gruppo adeguatamente il disco non vide mai la luce ufficialmente, esisteva solo la copia su audio cassetta distribuita per i tre anni successivi dal gruppo stesso in modo  indipendente. Ci troviamo quindi al cospetto della prima stampa di questa rarità in cd, dopo sedici anni dalla registrazione, mi immagino già le facce dei più incalliti collezionisti tra voi, certamente questo lavoro è un pezzo da collezione di cui vantarsi, il cui valore è indubbio. La New Renaissance mette a disposizione solo mille copie numerate per il mercato discografico, fatto che aumenta il riscontro collezionistico del platter in questione, date una occhiata al link in basso per avere maggiori dettagli che io non posso dare in questa sede. Venendo all’arte dei Savage Steel, potrei descriverli come dei seguaci del metal americano di gruppi quali i Sacred Oath, o i Sacred Rite, ma considerando che a molti di voi questi nomi storici potrebbero essere poco indicativi, vi propongo un paragone con i Liege Lord abbinati a certe soluzioni epiche dei primi Warlord. La iniziale “hit from the rear” è un brano lungo ed articolato che mostra subito la capacità del gruppo di sapersi muovere tra atmosfere epiche e potenti, eccezionale, se consideriamo il periodo, il riffing ritmico quasi oscuro delle chitarre sembra presagire lo stile futuro di band come i primi ottimi Iced Earth. Il cantato, chiaramente inquadrabile nello stile del periodo, vede alternarsi un bel voacalismo pieno nelle strofe e acuti, per altro non molto incisivi, nei ritornelli, una formula oggi criticabile ma che effettivamente era il non plus ultra per chi suonava metal classico negli States venti anni fa, affascinato dallo stile di personaggi come Geoff Tate. La seconda “the betrayal into the chamber of darkness” è un brano lungo ed oscuro, paragonabile al primo periodo dei Warlord, non mancano delle sferzate epiche, ma sono sempre le chitarre a farla da protagonista con il loro incedere elegante e malvagio. Più diretta e lanciata arriva “on the attack” che propone un refrain immediato nel ritornello e una strofa veloce rompendo con la complessità dei primi due brani, il cantante si inerpica in vocalismi pericolosi ma il risultato non può deludere i fanatici degli anni ottanta. Con “night prowler” il gruppo si cimenta in un metal classico forse più vicino ai canoni europei, comunque risulta più convincente il ritornello privo di acuti esagerati, anche il lavoro di chitarra è ben bilanciato in senso ritmico. Ottima “streets of indecision” ricorda da vicino i primi Liege Lord senza perdere l’eleganza dei primi brani del disco, certamente i Savage Steel non meritavano un oblio artistico così impenetrabile alla luce di brani come questi. Sulla stessa linea d’onda le successive “a night on the horizon” e “switchblade man” confermano la capacità della band di alternare parti ragionate e potenti a esplosioni epiche nei ritornelli in un equilibrio già maturo anche se questo era il loro disco di esordio. Spesso perdiamo tempo nel rincorrere lavori di band poco più che esordienti a cui viene letteralmente regalato un contratto discografico, ma negli anni ottanta le cose andavano diversamente, prima di poter incidere bisognava passare attraverso a una lunga e selettiva gavetta che garantiva in molti casi un valore artistico notevole anche a dei dischi d’esordio come questo. Alcuni rimpiangono quei tempi, io no, ma credo che oggi sia doveroso andare a ripescare e ritrovare i dischi che fecero quell’epoca, senza i quali non esisterebbero le band moderne e forse nemmeno il Metal come lo intendiamo noi. Quindi ha un senso impegnarsi in questa sorta di archeologia metallica per riportare alla luce piccoli tesori sepolti come questo disco, e tanti altri, magari rinunciando a qualche nuova uscita o alla nuova ennesima band strombazzata all’inverosimile solo per vendere qualche copia in più.

1 hit from the rear

2 the betrayal into the chamber of darkness

3 on the attack

4 night prowler

5 streetso of indecision

6 a night on the horizon

7 switchblade man

 

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