Recensione: Believe
Arriva al decimo album da studio quello che, oltre venti anni fa, fu il primo gruppo interamente al femminile a sfondare nella scena hard’n’heavy. Per la cronaca si trattava del 1980 e il platter era ‘Demolition’, a oggi uno dei migliori album della band. Il nuovo disco si chiama ‘Believe’ e giunge dopo il best of del 2002 e, cosa insolita per la scena a cui il quartetto londinese appartiene, uno split a 3 con Oliver/Dawson Saxon e Tygers of Pan Tang, intitolato ‘The Second Wave-25 Years Of NWoBHM’.
Le Girlschool targate 2004 mostrano alcuni lati ancora accattivanti ma anche qualche pecca che finisce col penalizzare non poco l’album. Da una parte c’è un riffing discreto e un certo gusto anacronistico che riesce a trasmettere abbastanza groove e traino ad alcuni pezzi; dall’altra ci sono alcuni (troppi) frangenti modernisti (ad esempio i passaggi molto No Doubt dell’opener Come On Uip o della successiva Let’s Get Hard) che mutilano i riff e tolgono forza ai ritornelli semplici, banali ma orecchiabili e di buona presa. Questi ultimi sono sicuramente uno dei punti di forza dell’album, sia nei pezzi più riusciti come New Beginning o la conclusiva Passion che per esempio nella lenta Crazy. Esempio lampante di come la produzione possa incidere sulla resa di un pezzo è We All Love To (Rock’n’Roll), a prima vista inno al rock’n’roll e sicuro gli highlight dell’album. Se a questo, in parte, ci si trova di fronte, ancora una volta bisogna fare i conti con suoni troppo attuali per un pezzo che affonda le radici nell’attitudine di un paio di decadi fa. Da dimenticare la voce effettata della monotona C’mon e l’altrettanto spenta Hold On Tight. Decisamente meglio invece Never Say Never forte dei suoi lead coinvolgenti e del ritornello, al solito, abbastanza azzeccato. Per rivedere uno squarcio delle Girlschool dei tempi d’oro bisogna però aspettare la trainante Feel Good,dove lead che sprizzano rock’n’roll da tutti i pori e ritmo veloce trasformano il brano in un episodio coinvolgente e scuoti-chioma. Non male Yes Means Yes che col suo palm-muting mai eccessivamente marcato si avvicina al punk-rock festaiolo degli anni ’90, creando un pezzo solare e piacevole. Stesso discorso per Play Around, mentre piuttosto banale, sia come testo che come inventiva, è We All Have To Choose, dove vengono messi in mostra i limiti attuali della band.
Da salvare, di questo Believe, sicuramente buona parte dei lead e dei soli di Jackie Chambers (tra le altre cose, quella che meglio delle altre pare aver conservato un po’ di bella presenza estetica) e la voce di Enid Williams, capace, quando viene lasciata al naturale, di riuscire bene ed essere ancora aggressiva.
In definitiva, disco sufficiente ma mai troppo trascinante, penalizzato a mio modo di vedere da alcune scelte di produzione un po’ troppo orientate verso il contemporaneo: suoni che mal si sposano con il songwriting per certi versi ancora piuttosto ottantiano che caratterizza la maggior parte dei pezzi di Believe, sia a livello concettuale che di riffing. Più adatto a chi non disdegna il nuovo rock e qualche contaminazione che allo zoccolo duro dei tempi che furono.
Tracklist:
01. Come On Up
02. Let’s Get Hard
03. Crazy
04. We All Love To (Rock ‘n’ Roll)
05. Secret
06. New Beginning
07. C’mon
08. Never Say Never
09. You Say
10. Feel Good
11. Hold On Tight
12. Yes Means Yes
13. We All Have To Choose
14. Play Around
15. Passion
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini