Recensione: Believe In Some Kind Of Truth

Di Riccardo Angelini - 10 Ottobre 2009 - 0:00
Believe In Some Kind Of Truth
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Anno: 2009
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55

Avevamo conosciuto gli Sweet Insanity due anni fa, con un demo che del heavy metal esplorava i confini più schietti e diretti, sulla scia dei Metallica più rockeggianti, con qualche disimpegnata influenza prog a impreziosire il tutto. Li ritroviamo con un disco ancora influenzato dal Black Album ma d’intento più moderno, che abbandona ormai del tutto le sottarranee velleità progressive.

Le buone qualità della band si trovano nella capacità di azzeccare con una certa facilità i riff giusti, come dimostrano la vecchia ‘Sons Of Dust’ o la nuova ‘Dressed To Kill’. L’esecuzione sempre controllata e precisa è agevolata da un songwriting che punta al sodo, senza perdersi in tanti arzigogoli così da poter colpire subito e duro anche dal vivo. Purtroppo una produzione deficitaria taglia le gambe a molti dei pezzi migliori: i suoni oltre che imprecisi suonano spesso fiacchi e aridi, con una batteria troppo secca e chitarre sgradevolmente pastose. Nonostante i limiti dell’audio, fra le eredità del demo conferma le sue buone qualità ‘Conflict’, con le aperture di synth semplici ma eleganti che spezzano un’andatura piuttosto aggressiva, mentre appare ancora acerba l’interlocutoria ‘Angel’ (stavolta il break sinfonico suona forzato). I nuovi brani rivelano un songwriting complessivamente più maturo, sebbene talvolta perdano verve strizzando l’occhio a sonorità più attuali: un po’ facilona l’opener ‘Ready To Burn’, promettente ma alla lunga monotona la vecchia conoscenza ‘Born To Be Against’.

Il limite letale degli odierni Sweet Insanity è però di personalità. Troppo invadenti le influenze di scuola Metallica, soprattutto nel cantato. Ed è un peccato, perché quando la band attinge alla propria spontaneità i risultati sono notevoli, come nel caso dell’incalzante ‘Virtues & Sins’ o della suadente ballad ‘A Funeral Lullaby’.

‘Believe In Some Kind Of Truth’ non riesce insomma a valorizzare appieno i numeri espressi sul demo, sia per i suoni non all’altezza sia per una maturazione ancora incompleta. L’invito alla band è a non demordere, a dare spazio alle proprie idee senza lasciarsi schiacciare dal peso delle proprie influenze e porre maggiore attenzione a produzione e mixing. I margini per togliersi belle soddisfazioni ci sono, ora si tratta di crederci e continuare a lavorar sodo.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Zeia Mania
2. Ready to Burn
3. The Cellar Door
4. The Last is the Least
5. Conflict
6. Dressed to Kill
7. Libido
8. Sons of the Dust
9. Angel
10. Born to Be Against
11. Virtues & Sins
12. A Funereal Lullaby

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