Recensione: Bent Out Of Shape
Un cambiamento lieve nella formazione (esce Rondinelli, entra Burgi) e il gruppo iridato torna sulle scene con un nuovo disco, e che disco!!! “Bent out of shape” è senza dubbio il migliore della seconda fase della storia dei Rainbow.
Nel complesso l’album è più ruvido, più duro e veloce e meno sdolcinato, c’è quindi un certo riavvicinamento a sonorità più hard, anche se la melodia occupa un posto di grande rilievo. I brani più significativi sono “Street of dreams” e “Can’t let you go” per quanto concerne il successo commerciale, ed in effetti ci troviamo di fronte a ritornelli orecchiabili, piacevoli e facili da ricordare, mentre a livello strumentale la sostanza non manca di certo.
Per quanto concerne invece la parte più rock del disco, dobbiamo citare “Stranded” di sicura presa melodica; “Drinking with the devil” veloce e dal riff indovinato; “Make your move” che preme ancora sull’acceleratore e si dimostra dura al punto giusto. C’è spazio anche per due strumentali: “Snowman” ed “Anybody there” che mostrano il lato struggente e sanguigno (invero poco esplorato) della chitarra di Blackmore.
Alla fine del tour promozionale di questo album, i tempi saranno maturi per ritentare l’avventura purpurea ed i Rainbow cesseranno momentaneamente d’esistere.
Come addio, quindi, questo disco è validissimo e chiude una fase nella vita musicale del chitarrista inglese improntata all’easy listening, fase esplorata ed abbandonata senza rimpianti per tornare ad un rock più duro e maestoso nei Purple e nella futura e brevissima incarnazione dell’Arcobaleno del 1994/95