Recensione: Best Of Fear
Tempo di fare un riassunto delle puntate precedenti per i Primal Fear, istituzione della scena power teutonica (e non solo) forgiata nell’acciaio ormai un ventennio fa. Celebrazioni e rimembranze prendono forma attraverso una raccolta in formato doppio CD chiamata “Best Of Fear”, che racchiude 23 tra le migliori composizioni uscite sotto l’egida Frontiers Records arricchite da tre inediti e una cover.
Proprio questo breve assortimento di novità posto in apertura del disco 1 rappresenta il punto di interesse maggiore, dato per scontato che il resto della tracklist sia già mandato giù a memoria dai fans della band. E dunque, la prima delle novità è “Area 16”, una semplice intro strumentale dai toni orchestrali che immerge in una atmosfera cupa e apocalittica, rinnovando l’immaginario adottato da Matt Sinner e soci negli ultimi tempi. “Predator” sorge dirompente e immediata, un power moderno sostenuto, dove le caratteristiche dei Primal Fear non vengono smentite: riff speed, aperture melodiche negli intrecci delle tre chitarre, la voce dominante di Ralf Scheepers a condurre le danze e un coro che fa subito presa.
La ricetta di come va suonato il genere, seguendo tutti i dettami della tradizione con fedeltà immutata, è qui riproposta e timbrata dalla prestazione compatta di una band graziata dalla migliore line up della loro carriera. “If Looks Could Kill” è la cover che non ti aspetti, estrapolata dal repertorio delle Heart, e trasfigurata dalla vena d’acciaio dei Primal Fear in un pezzo granitico e bollente, con coda finale sfumata sulla corsa pirotecnica delle sei corde. Chiude la portata principale “Thrill Of Speed”, altro numero tirato che richiama il periodo di “Metal Is Forever” con corone crucco, dove il trio Beyrodt-Naumann-Karlsson si destreggia tra rasoiate ritmiche e un breve intermezzo arpeggiato, prima di graffiare nuovamente. Da sottolineare anche l’ottima prova dell’ex U.D.O. Francesco Jovino, italico martellatore provetto dietro le pelli, ormai ben amalgamato nei meccanismi dei tedeschi.
Per quanto riguarda il resto, troverete il meglio, secondo la band, estratto a partire dal debutto su Frontiers “New Religion” fino all’ultimo “Rulebreaker” del 2016. Poco da dire, tutto rulla e trita l’ascoltatore a suon di metallo rovente, basti ad esempio ripescare le varie “Strike”, “Sign Of Fear”, “Riding The Eagle” per andare sul sicuro ed essere avvolti da un muro di suono devastante, “carezzati” dal fuoco che Scheepers riesce a sprigionare dalle sue corde vocali titaniche, tra aggressività e melodia sempre perfettamente bilanciate.
Nel secondo CD “Best Of Fear” punta sulle tracce più epiche e dilatate, presentando l’altro lato della medaglia. “Everytime It Rains” in apertura con la presenza dell’ospite Simone Simons degli Epica è una ballad tanto furba quanto ammaliante che si lascia ancora ascoltare con piacere. Trovano spazio anche le tracce più lunghe che i Primal Fear hanno proposto negli ultimi anni, come i quasi undici minuti di “We Walk Without Fear”, l’extended version di “Fighting The Darkness” e “One Night In December”, a dimostrazione di come la band non sappia solo picchiare duro ma riesca a svariare costruendo atmosfere e saliscendi emotivi. La penna di Matt Sinner è una delle più pregiate nella scena, e affiancato dal sempre prolifico Magnus Karlsson, conosce pochi rivali.
Da segnalare anche l’inserimento di “Born With A Broken Heart” in versione remix e che presenta il contributo originale di Liv Kristine (ex-Leave’s Eyes).
“Best Of Fear” è quindi una lunga rassegna attraverso il mondo recente degli aquilotti d’acciaio, e al di là della manciata di inediti, può essere un buon compromesso per chi ancora non si è addentrato tra le loro note, ma anche un’uscita interessante per i fans più accaniti e completisti. I Primal Fear restano una garanzia per quanto riguarda il power, e come detto a oggi godono di una line up tecnicamente eccelsa in grado di spazzare via buona parte della concorrenza.